Eisener ha finalmente concesso al progetto Grindhouse l’occasione di dar vita a pellicola che è dall’inizio alla fine un urlo sguaiato e liberatorio in cui riconoscere brandelli di quella lingua essenziale e chiarissima che solo i film il cui titolo è in grado di sintetizzarne l’intero contenuto sanno parlare.
Dopo anni passati a girovagare senza sosta nè costrutto, l’hobo aveva finalmente capito che fare della propria vita: avrebbe comprato quel bel tagliaerba di seconda mano intravisto in una vetrina di un negozietto di Scumtown, ultima tappa della sua esistenza raminga e solitaria.