Qualche parola sul “divin Marchese”, narratore dell’estremo limite che la perversione umana può raggiungere.
Nessun altro autore ha definito un immaginario quanto il Marchese de Sade, e non soltanto perché il suo nome – attraverso la tassonomia tardo ottocentesca di Krafft-Ebing – è diventato sinonimo di crudeltà compiaciuta, di sessualità perversa e sete di dolore: il suo lascito riverbera oggi, come riverbererà in futuro, in ogni forma d’arte intenda esplorare le segrete più oscure dell’animo umano.