Quattro chiacchiere con Federico Zampaglione, fresco autore del giallo all’italiana Tulpa, dal 20 giugno nelle nostre sale. Tra guru tibetani, rivendicazioni e amare quanto condivisibili analisi del disastrato mercato italiano, Federico ci ha aperto le porte del suo Tulpa.
Insidious si può definire con asseveranza il miglior film del 2011 e forse il miglior horror americano degli ultimi cinque anni. Budget scarno, grande incasso, critica specializzata soddisfatta. Da qui l’attesa spasmodica per il secondo capitolo di un’opera definibile barbaglio nel tetro e asfittico panorama ghost house statunitense. Eppure molto si sarebbe dovuto aggiungere su Insidious prima di emettere miracolose sentenze ma tant’è, la corsa al ribasso analitico pare oggi giorno irrefrenabile. Certo, Wan e Whannell, la coppia d’oro del primo capitolo oltre che di Saw-L’enigmista (2004), sono indubbi provetti artigiani nel dare luce a script formalmente ineccepibili, dotati di rigore formale sebbene spesso scevri dal colpo ad effetto risolutore e innovatore; tuttavia anche se la messa in scena non risulta sempre è all’altezza dello scritto, Insidious è in buona sostanza un buon prodotto.