Altri seguiranno, altri porteranno avanti queste ricerche, e non è da escludere che l’uomo, in ultima analisi, possa rivelarsi una mera associazione di soggetti diversi, incongrui e indipendenti.
Così scriveva Stevenson per bocca del suo stracelebre Dr. Jekyll e mai profezia letteraria fu più azzeccata. Nove anni prima degli Studi sull’isteria di Sigmund Freud, anticipando le scoperte della psicoanalisi e quasi presentendone i successivi sviluppi verso la psicopatologia del profondo, Stevenson creò un mito letterario destinato a fare scuola.
Il volume narra le avventure di due ragazzini alle prese con la classica lotta contro forze sovrannaturali e contro le loro bizzarre incarnazioni: ragni maledetti, popcorn letali, conigli carnivori.
Una delle armi che negli Stati Uniti ha contribuito alla diffusione della narrativa di genere è da sempre stata la scelta di allegare antologie di racconti a pubblicazioni periodiche, come ad esempio la rivista Weird Tales, nata nell’ormai lontano 1923. Come tutti sappiamo, però, in Italia si importano solo le cattive abitudini d’oltre oceano e così una strada del genere non è mai stata battuta con serietà e convinzione, almeno fino a oggi. È di poche settimane fa, infatti, la nascita dei Weird Tales Book, una nuova collana nata dalla collaborazione tra Weird Tales Italia e FunFactory Entertainment.
L’autore Alfonso Dama snocciola infatti in 18 racconti i temi più classici dell’horror, concedendoci la sua versione del lato oscuro e ispirando la nostra più genuina curiosità.
Quattordici storie nere che toccano gli argomenti più disparati, spaziando dall’horror al fantasy, fino a vicende di una quotidianità disarmante. Ma dietro a tante storie così diverse sembra quasi esserci un unico filo conduttore, che le attraversa tutte e le tiene in qualche modo unite: lo spettro della morte (e il suo conseguente riflesso nel dramma umano).
Grondano di sangue e sesso le circa 200 pagine di questo romanzo di Richard Laymon, scritto nel 1981 e pubblicato in Italia nel 1997 dai tipi della Sperling. Cannibalismo, erotismo e violenza si fondono in una trama più nera della notte.
I nostri putridi amici sono ormai diventati il fenomeno che è stato, fino a un annetto fa, esclusivo appannaggio dei vampiri, ovvero una sorta di eroe/anti-eroe da rileggere, reinventare, rinnovare e soprattutto dare in pasto anche a un pubblico di giovanissimi.
Per molti versi la morte ci appare tristemente infausta, eppure essa è anche evidentemente un percorso della vita stessa e della sua evoluzione. La morte di una persona cara ci lascia un vuoto incolmabile, eppure spesso, a ben vedere, dopo il tragico evento molti piccoli tasselli dell’esistenza sembrano andare al loro posto, come se la morte di un individuo fosse feconda e ricca di significato come la sua stessa vita. Sono due dei tanti e piccoli misteri, delle pressanti domande che hanno creato Morte, un mito e un personaggio che gode di un certo carisma e di considerazione nelle fantasie umane come nella letteratura.
In queste poche righe tratte dal settimo capitolo di The Walking Dead – L’ascesa del governatore è inciso a fuoco il Philip Blake-pensiero. Ma chi è davvero Philip Blake? L’interrogativo, punto di partenza per lo sviluppo, all’interno dell’universo crossmediale zombie creato da Robert Kirkman, del romanzo scritto a quattro mani con lo scrittore Jay Bonansinga (Perfect Victim, Shattered, Frozen), non manca di attrattiva. Sia per i lettori fedeli della graphic novel, sia per chi ha conosciuto la saga di Rick Grimes e dei sopravvissuti al ritorno dei morti viventi attraverso al serie televisiva diretta da Frank Darabont. Philip Blake, aka Il Governatore, è uno dei personaggi più violenti e riusciti di The Walking Dead.