Category: Slasher

“Jason Va All’Inferno” possiede il fascino di quelle produzioni scalcinate fuori tempo massimo che trasudano di passione per la saga.

“L’ultimo Venerdì” per modo di dire. Nei primi anni novanta Sean S. Cunningham tentò di instillare nuova linfa in una serie che non se la passava bene dopo l’insuccesso dell’ottava capitolo di Rob Hedden.

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To all a goodnight è una formula di saluto anglosassone che significa “Buona notte a tutti”.

Usata come titolo di questo film diretto da David Hess (sì, proprio lui, l’indimenticato Krug del cult movie “L’ultima casa a sinistra” del 1972) suona perlomeno sinistro.

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Pur senza pretese, Hostel 3 è un brutto horror di cassetta.

A Las Vegas una festa di addio al celibato si trasforma in un’esperienza da incuboper un gruppo di ragazzi desiderosi solo di festa, alcol e donne.Il gruppo di amici viene rapito e usato come “carne da macello” in sadici giochi di tortura,sofferenza e morte organizzati da un’oscura e potente organizzazione per facoltosiin cerca di emozioni forti e adrenalina.

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Billy è semplicemente un guardone che ti spia tutto l’anno. Che differenza c’è, dunque, tra lui e Babbo Natale?

Quando si decide di realizzare un remake di un film cult, bisogna prepararsi affrontare la cosa con i piedi di piombo. Il pubblico, infatti, avrà talmente ben presente il modello originario, da fiutare il minimo cambiamento.

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Torna l’ostello in cui nessuno di noi vorrebbe essere ospitato… e il sangue scorrerà a fiumi.

La storia la conoscete: esiste, in Europa, un circolo di ricchi depravati e viziosi che riesce a provare forti emozioni esclusivamente torturando a morte giovani vittime.
L’orrore derivante dallo spargimento di sangue innocente è l’unica vera emozione che tali persone riescono a provare, e per soddisfarla hanno creato una complessa macchina della morte, dislocandone la sede presso vari ostelli sparsi in giro per il vecchio continente.

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Ecco a voi il terzo film del famigerato ciclo del “Babbo Natale Killer” incentrato sulla figura del killer psicopatico Ricky Caldwell.
La caratterizzazione del killer natalizio è affidata in questa pellicola al veterano Bill Mosley, che si trova catapultato in un mondo folle creato da sceneggiatori in crisi creativa.

Non si spiegherebbe altrimenti, a fronte di un cast di attori di tutto rispetto (oltre al già citato Mosley, partecipano a questa pagliacciata Samantha Scully, nel ruolo di una ragazza cieca, preda ovvia per il killer natalizio, Richard Beymer nei panni di un medico fuori di testa e Robert Culp, il tenente che da la caccia al babbo natale assassino) l’esile trama costruita attorno al bambinone disturbato che a causa dell’assassinio della famiglia da parte di un balordo travestito da Santa Claus (e le conseguenti sevizie patite nell’istituto cattolico nel quale era stato rinchiuso) si diverte a macchiare di sangue la bianca coltre natalizia.

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Silent night deadly night 2 è delirante, esagerato, ma ha di quelle trovate tanto cretine da strappare più di un sorriso.

Dopo anni di degenza, Ricky viene rilasciato dall’ospedale per malati mentali nel periodo natalizio. Negli occhi ha ancora il ricordo della terrificante morte di suo fratello Billy e gli incubi a causa della Madre Superiora, a suo tempo fonte originaria della furia omicida dell’assassino in costume da Babbo Natale. Per Ricky cominciare una nuova vita significa innanzitutto vendicare la morte del fratello, una missione che proverà a completare in ogni modo e con ogni mezzo, anche i più violenti e sanguinari…

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Il Natale si tinge di rosso (anzi, di nero) in questa bellissima pellicola firmata da Bob Clark: un cult che è tra i precursori dello slasher, ma in modo originale ed unico nel suo genere.

Questa bella pellicola di Bob Clark, di cui ricordiamo l ‘inquietante  “La Morte Dietro La Porta”, anch’esso targato 1974, è da considerarsi a tutti gli effetti non solo uno dei prototipi dello slasher così come lo conosciamo ma anche il precursore di molti film successivi: impossibile, infatti, non pensare all “Halloween” di Carpenter (1980) ma soprattutto a Dario Argento, nelle soluzioni visive, in alcuni passaggi narrativi, nell’uso dei suoni e delle voci e in intere sequenze che sembrano prese di peso dai primi film del regista romano.

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La Francia sta subendo i colpi di una rivoluzione popolare che ruota intorno al verdetto delle elezioni politiche, in questo clima un gruppo di ragazzi è in fuga da una pattuglia della polizia.

Uno di loro viene ferito, così la sorella (Yasmine) e l’ex-ragazzo decidono di portarlo in ospedale dividendosi dal resto del gruppo, dandosi appuntamento al confine con il Belgio. La locanda dove due dei ragazzi trovano rifugio si rivela un mattatoio gestito da una famiglia di psicopatici, la cui mente deviata partorirà una sequela di inenarrabili torture.

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I boschi della West Virginia diventano sede del reality show “The Ultimate Survivalist”, ultima frontiera della tv spazzatura dove un manipolo di partecipanti cerca di sopravvivere in uno scenario post-apocalittico.

La sfida tra i concorrenti non inizia veramente perché una famiglia di cannibali che dimora nella zona da il via ad una caccia ai danni dei sei malcapitati oltreché dei membri della troupe. La mera finzione televisiva si trasforma così in una concreta lotta per la sopravvivenza, dove solo il proprio istinto può qualcosa contro l’innaturale forza dei cannibali.

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