Category: Serial Killer

“Jason Va All’Inferno” possiede il fascino di quelle produzioni scalcinate fuori tempo massimo che trasudano di passione per la saga.

“L’ultimo Venerdì” per modo di dire. Nei primi anni novanta Sean S. Cunningham tentò di instillare nuova linfa in una serie che non se la passava bene dopo l’insuccesso dell’ottava capitolo di Rob Hedden.

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Cunningham dice addio alla sua creatura nel peggior modo possibile, con una pellicola troppo distante dalla sua poetica e un villain cyborg ma scarno e debole

Jason Woorhees è come una maledizione. Puoi provare a debellarlo tutte le volte che vuoi, ma tornerà sempre a tormentarti. A quasi 10 anni di distanza dal già di per se dubbio Jason va all’inferno (1993), infatti, Sean Cunningham continua inesorabilmente a produrre il goffo franchise derivato dal suo primo film Venerdì 13 (1980), di certo non uno dei migliori film horror della storia del cinema, ma a suo modo onesto e, in un certo senso, coerente con la linea cinematografica degli anni Ottanta, affidando a James Isaac la regia di Jason X.

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Pur senza pretese, Hostel 3 è un brutto horror di cassetta.

A Las Vegas una festa di addio al celibato si trasforma in un’esperienza da incuboper un gruppo di ragazzi desiderosi solo di festa, alcol e donne.Il gruppo di amici viene rapito e usato come “carne da macello” in sadici giochi di tortura,sofferenza e morte organizzati da un’oscura e potente organizzazione per facoltosiin cerca di emozioni forti e adrenalina.

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Un film cupo, claustrofobico, assolutamente non progettato come film natalizio per famiglie.

Notte di Natale. Un bambino si ritrova da solo in una villa iper-tecnologica in balia di uno psicopatico travestitosi da Santa Claus in cerca di vendetta.

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Ci si diverte, si sbadiglia, si rimane a bocca aperta, tutto nello stesso momento.

Quinto capitolo della bislacca saga inaugurata da Charles Sellier Jr. ancora una volta patrocinato dal buon Brian Yuzna.

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Ecco a voi il terzo film del famigerato ciclo del “Babbo Natale Killer” incentrato sulla figura del killer psicopatico Ricky Caldwell.
La caratterizzazione del killer natalizio è affidata in questa pellicola al veterano Bill Mosley, che si trova catapultato in un mondo folle creato da sceneggiatori in crisi creativa.

Non si spiegherebbe altrimenti, a fronte di un cast di attori di tutto rispetto (oltre al già citato Mosley, partecipano a questa pagliacciata Samantha Scully, nel ruolo di una ragazza cieca, preda ovvia per il killer natalizio, Richard Beymer nei panni di un medico fuori di testa e Robert Culp, il tenente che da la caccia al babbo natale assassino) l’esile trama costruita attorno al bambinone disturbato che a causa dell’assassinio della famiglia da parte di un balordo travestito da Santa Claus (e le conseguenti sevizie patite nell’istituto cattolico nel quale era stato rinchiuso) si diverte a macchiare di sangue la bianca coltre natalizia.

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Silent night deadly night 2 è delirante, esagerato, ma ha di quelle trovate tanto cretine da strappare più di un sorriso.

Dopo anni di degenza, Ricky viene rilasciato dall’ospedale per malati mentali nel periodo natalizio. Negli occhi ha ancora il ricordo della terrificante morte di suo fratello Billy e gli incubi a causa della Madre Superiora, a suo tempo fonte originaria della furia omicida dell’assassino in costume da Babbo Natale. Per Ricky cominciare una nuova vita significa innanzitutto vendicare la morte del fratello, una missione che proverà a completare in ogni modo e con ogni mezzo, anche i più violenti e sanguinari…

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Il Natale si tinge di rosso (anzi, di nero) in questa bellissima pellicola firmata da Bob Clark: un cult che è tra i precursori dello slasher, ma in modo originale ed unico nel suo genere.

Questa bella pellicola di Bob Clark, di cui ricordiamo l ‘inquietante  “La Morte Dietro La Porta”, anch’esso targato 1974, è da considerarsi a tutti gli effetti non solo uno dei prototipi dello slasher così come lo conosciamo ma anche il precursore di molti film successivi: impossibile, infatti, non pensare all “Halloween” di Carpenter (1980) ma soprattutto a Dario Argento, nelle soluzioni visive, in alcuni passaggi narrativi, nell’uso dei suoni e delle voci e in intere sequenze che sembrano prese di peso dai primi film del regista romano.

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Non possiamo che consigliarvi questo Little deaths, una vera sorpresa di fine anno.

Capita di raro, ma per fortuna capita, che, senza conoscere i titoli dei film, ci si imbatta in un cestone da grande magazzino, quello con i dvd dai titoli più assurdi, Zombi contro Dracula, Le mutandine rosse della morte, e tra mille ciofeche capiti il capolavoro. E’ il caso di Little deaths, traduzione inglese del termine francese petite mort, ovvero orgasmo, opera antologica inglese diretta da tre promettenti registi indipendenti, Andrew Parkinson, Sean Hogan e Simon Rumley.

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Bloodline è uno dei pochi piaceri della vita che, insieme al calcio, difficilmente dividerete con la ragazza aristocratica che amate.

La giovane giornalista freelance Sara, insieme all’operatore Marco, arriva sul set dell’ultimo film di Klaus Kinki, re del porno sperimentale, per girare un backstage da mandare in onda come ricatto per non essere licenziati. Ben presto, Sara si rende conto che si tratta dello stesso luogo in cui, da bambina, è stata costretta ad assistere all’uccisione della sua sorellina per mano di un pericolosissimo serial killer chiamato il Chirurgo.

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