Nell’attuale e variegato panorama letterario di genere, Jonathan Maberry si erge tra tutti come la penna forse più prolifica e originale. Già noto per la saga di Joe Ledger, raggiunge il picco di adepti soprattutto tra i giovani grazie alla serie ambientata in un mondo distopico, post-apocalittico, in cui vigono nuove regole sociale per fronteggiare la terribile epidemia zombie. È la quadrilogia di Benny Imura: Rot & Ruin, Dust & Decay, Flesh & Bone, Fire & Ash, definibile quasi un Bildungsroman su sfondo marcio e fetido.
Correva l’anno 2011 quando al San Diego Comic-Con, convention multigenere più grande e famosa degli States, venne annunciato un curioso film low budget, previsto nelle sale l’anno successivo. Dal trailer trasmesso, manna dal cielo sembrava prossima per i fan del LARP, gioco di ruolo dal vivo, e non solo per loro: horror, comicità, cultura nerd e Summer Glau. Un programma di tutto rispetto. Sfortuna volle che di quest’opera si persero però le tracce, a quanto pare per problemi di distribuzione, e solo nel Dicembre 2013, dopo tagli e rimontaggi, venne annunciato l’effettivo debutto nelle sale. Poche sale, per dirla tutta.
In una casa un uomo si sveglia. Si infila la sua divisa da soldato e scende al piano inferiore dove lo aspetta sul tavolo la colazione. Dopo un suono improvviso, una creatura mostruosa spuntata dal nulla lo attacca e cerca di ucciderlo. Il soldato reagisce mettendo fine alla vita della creatura. Questo è il destino che attende A.J. Budd ogni giorno. Un loop interminabile che non sembra mai avere fine, all’interno di una casa dalla quale non c’è uscita e che sembra essere sospesa nel nulla.
Il cinema indipendente italiano sta acquistando una dimensione sempre più internazionale: non solo le opere nostrane vengono presentate e distribuite all’estero, ma abbiamo anche casi di co-produzioni, come l’italo-francese Phantasmagoria (2014). Presentato in anteprima a Nizza, al mercato di Cannes e al Fantafestival di Roma, è composto da tre episodi diretti ciascuno da un regista diverso: il francese Mickaël Abbate (alla sua seconda opera dopo il cortometraggio Creeps e direttore della Semaine du cinéma fantastique) e gli italiani Tiziano Martella (noto effettista) e Domiziano Cristopharo, uno degli autori più attivi nell’indi italiano. Phantasmagoria rappresenta una bella sfida, sia a livello produttivo e distributivo sia a livello contenutistico, sfida che i tre registi dimostrano di aver vinto: nei festival sta riscuotendo un buon successo, e il film convince sotto ogni punto di vista, risultando una fra le migliori ghost-story italiane degli ultimi anni.
Gabriele Albanesi, regista cult del Bosco fuori e Ubaldo Terzani Horror Show, da qualche tempo ha fondato una propria casa produttrice indipendente – affiancando quindi l’attività di produttore a quella di regista. Il che, oltre a dare nuova linfa vitale all’horror italiano, ha il merito di far emergere giovani e talentuosi registi. Gli sforzi sono stati premiati dalla recente uscita nelle sale di due film della factory: l’home-invasion Surrounded e la ghost-story a episodi Paranormal stories (AA.VV., 2014). Trattasi, quest’ultima, di una riedizione del precedente Fantasmi (2011), i cui cinque episodi ora vengono racchiusi in un episodio-cornice diretto dallo stesso Albanesi che rende il film ancora più efficace e gustoso. Paranormal stories diventa così un autentico Creepshow all’italiana, con tema conduttore i fantasmi.
La storia è ambientata nel 2022, quando la società ha ormai raggiunto un livello di perfezione altissimo, eliminando quasi del tutto crimine e disoccupazione. Un giorno all’anno però, la legge viene messa da parte e chiunque può compiere le azioni più efferate senza ripercussioni.
Correva l’anno 2002 e Lucky McKee sorprendeva tutti con un film come “May”, storia tra l’horror e la favola dark, incentrata su una ragazza problematica interpretata da una bellissima Angela Bettis. Ben nove anni dopo con “The Woman” il regista californiano pescava il jolly, tirando fuori un film assolutamente pazzesco, tra i migliori horror degli ultimi anni per atmosfere e ferocia. Va da sé che l’attesa per il suo nuovo lavoro era molto alta. Per il ritorno sulla scena McKee decide di riprendere “All Cheerleaders Die” il suo primo lavoro, datato 2001, dargli una bella spolverata e presentarlo in una nuova veste più patinata e accattivante. Proprio come allora al suo fianco c’è Chris Sivertson, co-autore e regista del film, che meno fortuna ha avuto nella sua carriera rispetto al collega-amico.
Patrick è un giovane paziente in stato di coma vegetativo di una piccola ed isolata clinica privata. Qui il dottor Roget (Charles Dance, conosciuto ai più come Tywin Lannyster nella serie Game of Thrones) conduce alcuni esperimenti finanziati per vie private con lo scopo di trovare il modo di risvegliare i pazienti comatosi.
E’ possibile infilare in un solo film horror, musical, commedia e thriller? A quanto pare sì e Stage Fright di Jerome Sable è qui per dimostrarcelo. Il film del giovane regista canadese si muove con agilità tra canzonette e coltellate, tra danze e squartamenti come se fosse del tutto naturale. Sable mescola l’umorismo alla Parker&Stone con le atmosfere dello slasher moderno, infarcendo il suo film di citazioni e omaggi più o meno velati al mondo dell’horror. La storia di Camilla, simil-Cenerentola che si trova a ripercorrere le orme della madre, famosa cantante brutalmente assassinata anni prima, è solo lo spunto per quello che presto diventa un grande Luna Park di musica, colori e sangue.