The sacrament è forse la sorpresa horror di questo 2014, pur non essendo horror, ma riuscendo comunque a turbare e inquietare come un horror.
Un giornalista e un video operatore di Vice Media, piattaforma di produzione e distribuzione alternativa di contributi video in rete, decidono di seguire un amico e collega fotografo alla ricerca della sorella, ritiratasi in una comunità rurale, fuori dagli Stati Uniti. Nel cuore di una foresta isolata, fuori dal controllo del governo e dei mezzi di comunicazione, i tre raggiungono la parrocchia Eden, dove circa duecento persone vivono secondo le regole di un capo carismatico che chiamano “Padre”, immersi in quella che appare come un’utopia realizzata di autarchia e non violenza. Ben presto, però, alcuni segnali inquietanti portano i tre a ricredersi sulla benevolenza del leader spirituale e sulle sue reali intenzioni.
Il Tempio del popolo, sorta di Eden terreno tra le liane della giungla, era un sogno accarezzato dal Reverendo Jim Jones, un paradiso eretto per permettere di far vivere e prolificare una comunità basata sui sentimenti della fratellanza e della tolleranza. Qualcosa non funzionò perchè alla fine del 1978, dopo l’omicidio di un politico in visita alla congregazione , i membri, e lo stesso Jones, si suicidarono in massa. Da questo evento, una strage di 922 persone, una delle più alte che ha visto coinvolti cittadini americani in tempo di pace, sono nate canzoni (Guyana Cult of the Damned dei Manowar) e film ispirati all’evento, tra questi Mangiati vivi! di Umberto Lenzi ma soprattutto Il massacro della Guyana del messicano René Cardona Jr., un istant movie sciacallesco (è del 1979) ma fedele alla vicenda.
Sul piano emotivo però nessuna pellicola ha raggiunto l’intensità di The sacrament di Ti West, un mockumentary che trasporta quei tragici fatti di fine anni settanta in epoca moderna.
Il modello del regista non è il facile film bubusette alla The blair witch project, ma il Cannibal holocaust di Ruggero Deodato, con l’idea di documentare un orrore tangibile, umano e nascosto nel cuore del mondo, lì come qui una giungla. The sacrament è un altro tassello dell’interessante filmografia di Ti West, un regista che ha costruito negli anni una sua personale idea di horror, lontano dagli schemi del film commerciale, con le sue musiche alte e gli spaventi a buon mercato, e calato in una sorta di nichilismo autoriale cristallizzato, come concezione di spettacolo, agli anni 70. Basti pensare come West affronta una storia di fantasmi e maledizioni, nel bellissimo Innkeepers, strafregandosene del ritmo concitato dei vari action terror alla Michael Bay, e costruendo la tensione nei dialoghi, nei rapporti tra i personaggi e nel quotidiano, riuscendo comunque a terrorizzare quando gli spettri alla fine irrompono sullo schermo. The sacrament è forse, se si esclude il rimaneggiato Cabin fever 2, il suo film più veloce, ma anche quello più cinico e spietato. Certo per un’ora, ma questa è una delle regole del mockumentary, non succede nulla, ma è nella capacità di creare personaggi tridimensionali che tu spettatore ti puoi affezionare a
loro e alla loro sorte, è la cura dei dettagli a fare la differenza nella mezz’ora finale. Di questo probabilmente ne è complice anche Eli Roth che produce, e che già in passato aveva provato ad umanizzare il personaggio di un mocku demoniaco, il Cotton di L’ultimo esorcismo, con risultati emotivi analoghi a quelli di quest’opera.
E’ nel niente sbattuto in faccia al pubblico, nelle dichiarazioni pacifiche della comunità, nelle foto della moglie incinta che il giornalista Sam guarda sempre, nell’intervista dove il reverendo Jones (qui chiamato semplicemente Padre) spiega i punti salienti della sua religione, che pian piano si insinua l’orrore, come un sorriso che lentamente si smorza sempre più. Tutto in The Sacrament è perfetto a livello di ricostruzione storica, dal sentiero che porta a Eden Parish, speculare a quello del Tempio del popolo, al look del capo setta, abito bianco e occhiali scuri, senza però, si badi bene, voler fare davvero un documentario, ma una versione alternativa di quei fatti, l’idea più sorprendente del concepire un mockumentary, riportarlo quindi alla sua dimensione originale di finto realismo, senza usare arzigogoli fantastici. Quando l’orrore si scatena davvero, e i colpi di fucile sula testa del’operatore li senti quasi come stessero sparando a te, che The sacrament diventa una
visione quasi pornografica e insostenibile di morte, senza bisogno di eviscerazioni o amputazioni.
Il torture porn si evolve quindi in una forma più subdola di voyeurismo, quello non spettacolare, dove la paura della fine la si percepisce nelle lacrime delle persone, nelle siringhe preparate per uccidere neonati, nella frase “Non soffrirete” smentita da rantoli e bava alla bocca. Impossibile restare insensibili davanti al bambino che beve il veleno e sorride contento, alle persone che cercano di scappare e si trovano falciate da raffiche di mitra, alla madre che sgozza la figlia per non farle provare dolore, alla sorella che brucia se stessa e il fratello urlando tra le fiamme. Gli attori principali, Amy Seimetz, Joe Swanberg, AJ Bowen, già visti nel bel You’re next, sono convincenti come il resto del cast, ma la parte del leone la fa Gene Jones (sarà un caso il nome dell’attore?) nei panni del padre, con una recitazione sottovoce ma strepitosa. The sacrament è forse la sorpresa horror di questo 2014, pur non essendo horror, ma riuscendo comunque a turbare e inquietare come un horror. Magie nel cappello di Ti West.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.