Non Violentate Jennifer diventa un documentario e la leggenda continua.
Era il 23 giugno 1993 quando Lorena Leonor Gallo evirò il marito John Wayne Bobbit facendo scoppiare uno dei casi di cronaca nera più controversi e dibattuti, tanto che per giorni anche nelle case e nei bar del nostro paese non si parlò d’altro. La donna si difese in tribunale dall’accusa di lesioni gravissime sostenendo la tesi dell’esasperazione in seguito ai continui abusi subiti da parte del marito. Poco importa se Lorena fu considerata psicologicamente instabile e se il marito, dopo una delicata e riuscita operazione chirurgica di sutura del pene, oltre a divenire attore hard fu assolto dalle accuse di maltrattamenti. Poco importa perchè la domanda insinuatasi nella coscienza collettiva ancora riecheggia forte al di là di facili riferimenti femministi e di qualsivoglia morale da discount. E’ accettabile che una donna vittima di stupro possa vendicarsi violentemente in seguito a uno dei più odiosi crimini condannabili dalla società civile? La sensazione socialmente maturata è che il trauma da violenza carnale sia ferita troppo grave, una sorta di lesione permanente dell’anima arginabile solo col contrappasso del taglione, un taglio appunto, un afflizione della carne che energeticamente possa essere equiparabile al torto subito.
Stiamo forse facendo psicologia spicciola ma non c’è dubbio che da ipotesi simili parte l’idea di Terry Zarchi di rivisitare il capolavoro del padre Meir del 1978, I Spit On Your Grave-Non Violentate Jennifer, attraverso un documentario di spiegazioni delle ragioni del film, in cui verranno miscelate le esperienze di fiction della protagonista Camille Keaton e dello stesso Meir Zarchi con testimonianze reali di vittime di violenza sessuale.
La leggenda (vedremo se confermata dal documentario, al momento in fase di produzione) vuole che Zarchi sia arrivato all’idea di partorire I Spit On Your Grave dopo essere inciampato casualmente nel parco contro una adolescente accasciata a causa di uno stupro. In seguito, il regista fantasticò su quali fossero le emozioni prevalenti di una donna costretta a tale abominio e cercò di sviluppare una rappresentazione credibile del delitto e di una sua possibile conseguente vendetta. Il risultato fu un film seminale, intenso, violento, girato con budget minimo eppur credibile agli occhi del pubblico che corse in massa al botteghino.
La storia della giornalista newyorchese in cerca di ispirazione in campagna, inconsapevole dell’orrore bifolco a cui tonnellate di Cinema di genere è debitore, bucò come un coltello nel burro le pupille degli spettatori di mezzo mondo. La critica specialistica si divise fra moralisti sconcertati e avanguardisti entusiasti. In ogni caso il risultato fu che un pò tutti ne parlarono e scrissero. Non solo. I Spit On Your Grave fu il primigenio di una stirpe di pellicole sul tema tanto che nacque un vero e proprio filone, il cosiddetto Rape and revenge,piuttosto prolifico fra i Settanta e gli Ottanta con, a dirla tutta, alterne fortune. Nel 2010 esce poi un compìto ma nel complesso discreto remake e l’anno passato un sequel dalle incongruenze narrative lampanti ma dalla brutalità della rappresentazione sopraffina. Entrambe le opere sono a firma di Steven R. Monroe, director innamorato dell’opera zarchiana. Tornando al documentario di futura uscita,pare che Zarchi voglia insistere sul tema della follia dietro la vendetta e che in qualche modo l’obiettivo sia chiarire e dipanare gli obblighi morali lasciati in sospeso da trentacinque anni. Staremo a vedere e nell’attesa il craving di un “richiamino” via tubo di alcune delle scene cult di questo grande film sembra irresistibile.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.