Il seguito di Shining divide i lettori, ma è King al 100%.
Shining incontra Carrie, ma anche L’incendiaria, Pet Sematary, Le notti di Salem, L’ombra dello scorpione, IT… perché Doctor Sleep è Stephen King al cento per cento, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Non è un caso che il romanzo stia dividendo non poco gli appassionati: chi lo considera un gran libro e chi, invece, si dice profondamente deluso. La verità, come spesso capita, sta in mezzo e così Doctor Sleep è un ottimo romanzo, ma non privo di alcuni difetti che gli appassionati di King conoscono bene: un po’ prolisso, eccessivamente biografico nella descrizione dei personaggi e qualche salto temporale di troppo che, soprattutto all’inizio della storia, trae in inganno.
Scrivere il seguito di Shining era già di per sé un’impresa ardua, ma King ha talento e coraggio e con Doctor Sleep è riuscito a far rivivere la tragica avventura della famiglia Torrance, raccontandoci che fine ha fatto il piccolo Danny, il bambino con la luccicanza, colui per cui gli amanti di King avevano fatto il tifo nel primo romanzo. Riprendere le fila del discorso dopo oltre trent’anni non era facile, e infatti all’inizio qualche difficoltà a rimettere insieme i pezzi è innegabile, col romanzo che avanza lento e impacciato, per poi sbocciare nella seconda metà, quando King mette il pilota automatico e ci immerge in una delle sue più classiche storie horror, con tanto di setta di “vampiri” alla I Sonnambuli, ma anche a personaggi come la piccola Abra Stone (una via di mezzo tra Carrie White e “Charlie” McGee), il fido Billy che ricorda da vicino l’anziano e saggio vicino di casa di Louis Creed e infine lo stesso Danny Torrance, adulto condannato a vivere gli stessi tormenti del padre, schiavo dell’alcool e di un potere che non riesce sempre a controllare. Danny è un perdente, lo capiamo subito, come perdenti erano i bambini di IT, ed esattamente come loro, Danny è un uomo condannato a fare i conti con il proprio passato e con un trauma che fatica a essere dimenticato.
La cavalcata che porta King al classico happy ending è a tratti esaltante e completa del duello finale tra Bene e Male nei luoghi dove tutto aveva avuto inizio, ma è anche costellata di sofferenza e dolore: la lotta di Danny contro l’alcolismo è quella che ogni essere umano combatte tutti i giorni sotto forma diversa, è quella di Louis Creed contro la morte del piccolo Gage, quella di Carrie contro la follia della madre e la cattiveria delle amiche, perfino quella di “Trisha” McFarland contro il bosco che vorrebbe inghiottirla, e il rapporto che si crea tra Danny e Abra è molto simile a quello tra Mother Abigail e il gruppo di sopravvissuti in L’ombra dello scorpione: il maestro che insegna all’allievo, la guida che traccia la strada al suo successore, trovando così il modo per dare un senso alla propria vita e superare i più intimi tormenti.
Chi conosce King fino al midollo, chi c’è cresciuto, chi è stato svezzato alla lettura dalle sue storie non potrà non apprezzare Doctor Sleep, giustificando i difetti ed esaltandone i pregi. D’altronde King va preso così, tutto per intero, senza se e senza ma.
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).