In esclusiva per i nostri lettori, l’introduzione di Danilo Arona al romanzo di Nicola Lombardi…
Come annotavamo un sacco di anni fa (per la precisione in una Cronaca di Bassavilla pubblicata su Carmilla Online nel luglio 2005), il mitologema della Madre Terribile abbonda tanto in letteratura quanto al cinema, trovando una clamorosa sponda “mitografica” e speculare nella cronaca nera con quel triste repertorio di psicopatologia al femminile che in una troppo facile semplificazione giornalistica è stato chiamato “Baby Blues”, mutuato di recente per merito di un sensibile film di Fabrizio Cattani nel più congruo Maternity Blues.
Nel grumo multimediale, non così facilmente agevole, si va dalla Madre di tutte le Madri Norma Bates (Robert Bloch) alla Mater Terribilis di Valerio Evangelisti (tra le nemiche più ostiche dell’inquisitore Eymerich), transitando per la triade alchemica desunta da Thomas De Quincey e immortalata da Dario Argento (le Madri dei Sospiri, delle Lacrime e delle Tenebre), senza dimenticarci dell’ossessionata quanto ossessionante Margareth White (dal romanzo Carrie di Stephen King che ha già fornito materia per quattro film: quello di De Palma del ’76, Carrie 2 – La furia di Katt Shea risalente al ’99, il notevole TV movie di David Carson del 2002 e il venturo remake di Kimberly Peirce, annunciato in Italia per novembre) e di tante serial mom del cinema americano, ben rappresentate da Mother’s Day di Charles Kaufman (1980) che resta ancora un solido punto di riferimento a dispetto del suo infelice remake del 2010.
Per quanto si stia parlando di horror, il contraltare antropologico risuona dalla cronaca troppo spesso e in modo sincronico: ovvero, molte donne, giovanissime o non più tali, si trasformano in Medea o in qualche altra Dea Oscura. E così può capitare, come capita da tempo, che scrittori e registi di rango scelgano sempre più spesso di confrontarsi con quell’Ombra Materna, compagna implacabile destinata a rammentarci sempre che vita e nascita vanno di pari passo con morte e la distruzione. Elemento riscontrabile in interessanti percorsi del noir meno allineato, dalla Matilde Monterispoli de Il sospetto della mai troppo compianta Laura Grimaldi al coro protagonista de Le Madri Nere di Pascal Français, da certe figure femminili di Simona Vinci all’indimenticabile, per perfidia e crudeltà, Catena Ferrante de L’uomo di spalle di Giacomo Cacciatore. Isidi scatenate al servizio del primordiale Eggregoro della Dark Personality. Ed eccoci, con la logica delle strade obbligate, a un capolinea che potrebbe svelarsi come nuovo punto di partenza: la Madre Nera di Nicola Lombardi.
Nicola è di terra di Romagna, quella patria del Gotico Padano così sdoganato da Pupi Avati dove sono nati quei pezzi da 90 della letteratura di tensione che si chiamano Baldini, Lucarelli, Nerozzi e tanti altri ancora. La scuola romagnola, oltre all’innato talento, vanta una location quanto mai congrua e suggestiva. E’ il loro Maine: la bassa, la nebbia, il folclore. Persino Pupi, quando gira un film sul dramma dell’Alzheimer, non riesce ad affrancarsene così che certi passaggi dello splendido Una sconfinata giovinezza appartengano per la loro intrinseca natura estetica al cinema gotico, per non dire del finale. E’ in queste campagne che Nicola ha ambientato uno dei capolavori della narrativa horror degli ultimi anni, I ragni zingari, ambientato nel 1943, quando i drammi della guerra sovvertivano a tal punto il regno della natura che il soprannaturale diventava “di casa”.
Ma se I ragni zingari ti procurava notti insonni, Madre nera t’inchioda al posto di lettura, anche se è giorno fatto e splende il sole. Nell’ovvio precetto di chi scrive, è risaputo dovere quello di non svelare giochi né passaggi della trama. Ma qualcosa si può e si deve dire. Primo, che Nicola, con un meccanismo sottile e niente affatto scontato, sovverte in maniera positiva più di una regola, procedendo per sottrazione quasi alchemica dalla deflagrazione iniziale a un azzeramento fenomenico che risulta ben più tagliente ed efficace di scontate scene-shock. Poi, che gli ingredienti tipici del genere (bambini, boschi misteriosi, la fusion perfetta tra cronaca e approccio fantastico, i posti segreti, i poteri paranormali, la metafora dello scrittore horror, i flashback e i flashforward, il passato che ritorna) ci sono e il piatto è perfettamente dosato, e non abusato. Infine, che il tòpos del “buco nel tempo”, che in molti intendono coralmente attribuire a King, ma che fa parte invece della letteratura tout court – quello di un’antica estate iniziatica e spesso così orribile dall’essersi “nascosta” nell’inconscio – qui risplende di luce propria, nonostante la presenza nella storia del genere di altre estati indimenticabili e letali (le celeberrime kinghiane di Stand by Me e It, L’estate della paura di Simmons e Il ventre del lago di Mc Cammon, e per tornare in Italia, più d’una di Baldini, L’estate nera di Remo Guerrini e, se posso infilarmici, quella di Montebuio). Perché pochi come Nicola Lombardi sono in grado di rinnovare la tradizione di un genere autoreferenziale quale l’horror.
L’Archetipo, infine. Al pari dell’Uomo Nero – ormai celeberrimo e dilagante per merito di King, Carpenter e di tanto cinema recente, la Donna Nera è fonte di ambivalenza: da un lato attrae e/o seduce, dall’altro incarna aspetti mostruosi e disgustosi. La Madre proposta da Nicola è, sotto l’aspetto dell’epistemologia delle paure infantili, un Babau perfetto. Incarna un trauma primario non superato e ritorna nella vita adulta in forme fobiche, psicotiche, oniriche quando non “materializzate”, influenzando in modo pesantemente negativo le virtuali strutturazioni delle personalità di alcuni protagonisti. Costretti a seguire la Lupa Cattiva in un mondo ctonio e sotterraneo con la garanzia di non poterne mai uscire con la mente e con lo spirito. E interessante il parallelo significato dell’Archetipo in astrologia, laddove la Madre Nera (Lilith) rappresenta in un Tema di Nascita un luogo molto oscuro e profondo, celato alla parte conscia del Sé, riccamente carico di innumerevoli simboli terrifici che popolano l’inconscio collettivo ed evocatore di paure e selvagge pulsioni, inconfessabili per i più.
Come leggiamo sul sito www.arcadia93.org, la Madre Nera è tutto ciò che interiormente non è per nulla benevolo, pietoso ed empatico, e dispone veli su veli sopra la presenza di pulsioni mortifere e abissali. Ed è interessantissimo a questo riguardo il viaggio iniziatico del protagonista di Madre nera nel mistero trascorso della Madre e del suo Luogo di Elezione, che lo porterà ad acquisire consapevolezza di sé così da capire e realizzare lo scopo della propria esistenza e della sua solitaria missione di scrittore, quello di elargire “racconti che non muoiono mai”.
E con questo è veramente tutto. Buona paura!
[Danilo Arona, febbraio 2013]
About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.