Horror soprannaturale poco originale ma dalla buona atmosfera claustrofobica
Nella remota zona di Sadovich, nel nord della Russia, la troupe televisiva del programma inglese “Darkest Secrets” si aggira nei boschi per far luce su una misteriosa vicenda accaduta anni prima: 34 cadaveri furono ritrovati in quei boschi e le indagini della polizia non portarono ad alcun risultato. La troupe con l’aiuto della medium Ruth e dell’accompagnatore russo Yuri raggiungerà un’abbandonata struttura militare, un ospedale psichiatrico che ospitava “particolari pazienti” e che, tra le sue pareti, racchiude secreti e presenze che non hanno ancora chiuso col passato.
L’esordio low-budget alla regia dell’inglese Steve Stone (anche sceneggiatore) si pone a metà fra l’horror paranormale convenzionale e il mockumentary: non viene utilizzata solo questa tecnica infatti, ma abbiamo anche il normale punto di vista esterno, espediente che non affatica lo spettatore ma nello stesso tempo allontana la possibilità di immedesimazione. La scena iniziale, un insieme di riprese della videocamera di sorveglianza di una delle celle dell’ospedale, ci porta subito all’interno dell’incubo, accompagnati da un sonoro realistico e allucinante, ma lo stupore viene subito stemperato quando si entra nel vivo della vicenda.
Non serve dilungarsi sulla somiglianza del plot con quello del recente Esp – Fenomeni paranormali, ma si ha subito una sensazione di deja-vu con la troupe all’interno della struttura abbandonata e ciò smorza l’interesse per uno sviluppo tutto sommato interessante. Il genere dei mockumentary e affini è forse saturo? Abbiamo raggiunto la soglia per cui non era necessario l’ennesimo film con camera-a-mano all’interno dell’ospedale psichiatrico? Non è detto, di sicuro sembra che il film di Stone arrivi un po’ tardi rispetto agli altri e questo compromette il giudizio su un film effettivamente troppo convenzionale. Ci sono comunque elementi buoni, uno su tutti l’interpretazione di Dervla Kirwan nel ruolo della medium Ruth: convince la fragilità della donna, la quale empatizza con le vittime sin dal ritrovamento delle loro sepolture e su di lei vedremo i segni dell’affaticamento man mano che la verità sul posto verrà svelata.
Più stereotipati sono gli altri personaggi, la decisa Kate alla guida della troupe, i suoi collaboratori fifoni e Juri, ambiguo già dopo mezza scena in un ruolo prevedibile. Pur con effetti limitati il livello di tensione è buono e ciò è dovuto ad un giusto equilibrio tra quello che viene mostrato e quello che viene suggerito: abbiamo percezione molto chiara delle presenze attraverso le visioni di Ruth e nello stesso tempo i movimenti impercettibili e un sonoro molto curato rendono ancora più claustrofobica l’atmosfera all’interno della struttura, ricordando le grida e i rumori della foresta del più famoso Blair Witch Project. L’ambientazione, essenziale e buia, fa il suo dovere, anche se forse si arriva troppo in fretta all’ospedale, tralasciando un po’ l’elemento suspense che il girovagare nei boschi russi avrebbe sicuramente alimentato.
Una pellicola quindi tutto sommato troppo convenzionale, arrivata in ritardo rispetto ad altre e che forse finirà nel dimenticatoio dei found footage movies (anche perché tecnicamente non lo è), la cui mancanza di originalità fa passare in secondo piano i pochi momenti buoni.
About Alessandro Cruciani
Cresciuto nella provincia di Viterbo a pane e film, tra notti horror e combattimenti alla Van Damme, ha coltivato questa passione arrivando a creare gruppi di folli appassionati di cinema su facebook e a collaborare con alcune recensioni su www.bizzarrocinema.it e wwww.horror.it. Al di fuori del lavoro ama leggere, ascoltare musica e divorare serie tv.