Un seguito purtroppo troppo sottovalutato.
Il giovane meccanico di motociclette Ashe Corven (Vincent Perez) viene ucciso insieme al suo figlioletto Danny (Eric Acosta) dal capo dei criminali Judah (Richard Brooks), signore del crimine, e dai suoi scagnozzi per aver assistito ad un omicidio. I due vengono uccisi a colpi di pistola e gettati in mare .Un’antica credenza dice che quando qualcuno muore, un corvo porta la sua anima nella terra dei morti. Ma quando la morte è particolarmente triste o dolorosa, il corvo fa resuscitare l’anima per poter regolare i conti. Così accade ad Ashe.
L’eredità de Il corvo, film cult diretto da Alex Proyas, era un macigno molto pesante, soprattutto perchè nel cuore dei fan, molti, della pellicola nessuno poteva prendere il posto del giovane Brandon Lee morto durante le riprese. Eppure lo sfortunato attore aveva, sembra, già firmato il contratto per interpretare altri due The crow, e la fama del film, piccolo fenomeno a basso budget, cresceva giorno dopo giorno.
Un Corvo 2 quindi doveva essere fatto per forza, le tasche dei produttori lo richiedevano, ma bisognava trovare un modo per farlo senza inimicarsi nessun appassionato. Come diceva Tommasi Di Lampedusa ne Il Gattopardo “Bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla”, quindi si attuò la politica, semplice e coerente con la filosofia da sequel, di fare un film fotocopia del primo capitolo cercando solo di cambiare la posizione degli addendi; per assurdo questo fece sì che The crow: city of angels fosse proprio quel seguito odiato dai fan tanto sfuggito. Peccato perchè la pellicola di Tim Pope, pur nei binari risaputi di un’opera derivativa, non era male e per certi versi riusciva persino ad essere originale, risultando alla fine un film ancora addesso ingiustamente sottostimato. Il corvo 2 era l’unico modo per girare un seguito del film di Proyas, almeno il più intelligente: non si resuscitò Eric Draven, il personaggio di Lee, non si usò una storia d’amore come sfondo, e la città degli angeli ora non era più battuta da una pioggia eterna. Eppure, come detto, il film aveva lo stesso plot: una morte violenta e una vendetta ultraterrena in un contesto di dark decadente. Proprio l’assenza di una storia d’amore fu uno dei motivi maggiori dell’insuccesso della pellicola: si era mancato il target del pubblico adolescenziale pecorone che vedeva l’amore unicamente nella coppia, e che non comprendeva l’importanza del legame tra un padre e un figlio. Non contò nulla che il nuovo personaggio, Ashe, iniziasse un rapporto d’affetto con la tatuatrice Sarah, ex bambina narratrice de Il corvo, si era infranta inesorabilmente l’empatia tra gli spettatori e il climax del film. A lavorare alla sceneggiatura fu chiamato il giovane David S. Goyer (i tre Batman di Nolan e i tre Blade), all’epoca un signor nessuno con nel curriculum poche cose di scarso conto come un seguito del Kickboxer con Van Damme. Il suo lavoro a livello di sceneggiatura, come già detto, fu molto buono: studiò i clichè del primo film per riproporne alternative.
Per esempio si notò che Los Angeles era piena di cocci di vetro frantumati per le strade che amplificavano la luce, si ampliò questo concetto, d’accordo con il regista, per creare un film irradiato in maniera innaturale, anche grazie a delle tonalità violentissime e surreali, come in un videoclip anni 80. D’altronde era proprio nell’ambito misicale che Tim Pope si era fatto le ossa, girando per i Cure lavori sublimi come Charlotte Something, e aspettando il momento buono per fare il salto con un lungometraggio. Le sue idee per Il corvo 2 erano prettamente visive con la straordinaria intuizione del parallelismo tra la morte dell’eroe per affogamento e il guizzo di girare un’opera che ricordasse per colori una specie di mondo sommerso. La sceneggiatura fu scritta almeno due volte prima di diventare quella definitiva: all’inizio il film era concepito come un vero seguito con tanto di riesumazione del primo storico cattivo, Michael Wincott, in un’idea azzardata di corvo buono contro corvo cattivo. Il personaggio di Judas era presente in entrambe le versioni e sembra si trattasse proprio del Giuda Escariota del Vangelo, colui che tradì Gesù Cristo, in una reincarnazione moderna, anche se nello script definitivo di questa intuizione resta poco più di un dialogo (“Va all’inferno” “Ci sono già stato e mi è piaciuto”). Più difficile fu la scelta del personaggio che avrebbe dovuto rivestire il ruolo del nuovo The crow: si vagliarono i nomi di John Bon Jovi, di Keanu Reeves, di Brad Pitt, per poi rivolgersi ad un viso poco noto e quindi cercare di replicare il miracolo di successo dello sconosciuto Brandon Lee.
L’attore scelto fu Vincent Perez, francese e dal forte carisma, che sembrò perfetto per la parte di Ashe Corven. Il comparto attori d’altronde in The crow 2 è eccellente e pieno di nomi pronti ad esplodere da lì a poco, dalla bellissima Mia Kirshen nel ruolo triste di Sarah, la ragazza dalla ali tatuate come retaggio di ali un tempo reali, al Thomas Jane di The Mist e The punisher nel ruolo di Nemo, tossico alle dipendenze di Judas. Il personaggio che si ricorda di più è senza dubbio quello di Iggy Pop, cantante estremo votato di tanto al cinema (The dead man), con il suo corpo emaciato e la recitazione sopra le righe, ma nel reparto cattivi anche i meno noti Richard Brooks e Thuy Trang (morta nel 2001) regalano performance crudeli ad alto livello. Il difetto de Il corvo 2 che regala almeno due scene strepitose (il finale tra le maschere e la chiusura ciclica grazie al dipinto realizzato da Sarah) è di arrivare per secondo, di essere alla fin fine l’ombra del primo film, non per la mancanza di qualità dell’opera si badi bene, ma perchè Il corvo non aveva bisogno di seguiti come dimostreranno gli orribili capitoli 3 e 4 e l’ancor più brutta serie tv. Il trucco di Vincent Perez, attore nettamente più valido del compianto Brandon Lee, si differenzia da quello del primo film per essere molto più vicino a quello di una maschera carnevalesca da Pierrot e soprattutto avere un abito che ricorda quella sacrale dei cenobiti barkeriani. Il corvo 2 è un ottimo seguito, che rispecchia l’idea di sequel cara a James O’ Barr, l’autore del fumetto ispiratore, ovvero una serie di storie con personaggi sempre nuovi resuscitati da un corvo. Sicuramente un film da riscoprire.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.