Scrive Borges nel Manuale di Zoologia fantastica (traduzione di Franco Lucentini, Einaudi, 2010) che «Golem si chiamò l’uomo creato tramite combinazioni di lettere; letteralmente la parola significa “una materia amorfa o senza vita”».
I saccheggi operati dalla letteratura e dal cinema nei confronti delle religioni del libro, inutile ricordarlo, sono stati numerosi, anche se alcuni commessi con estrema abilità. Tra questi c’è sicuramente il caso di Gustav Meyrink, scrittore ed esoterista austriaco, che riprende la vecchia leggenda praghese del Golem per offrirla ai posteri in una chiave meno tradizionale, mascherandola, al contempo, da romanzo fantastico.
Senza approfondire l’aspetto che la cabala ricopre in questa vicenda, perché potremmo metterci su una strada contorta, noiosa e pericolosa, basterà dire che la leggenda praghese, da cui poi prenderà spunto Meyrink affonda la sua origine nel IV secolo a.C. Il Golem è una colosso che dovrebbe proteggere gli ebrei dai popoli stranieri. La creatura, però, ha una vitalità “sorda e vegetativa”, scrive l’austriaco. Si attiva, secondo la tradizione, quando sulla fronte accanto al nome di dio si scrive verità (Emet), e si spegne quando, cancellando una semplice aleph, quest’ultima muta in morto (met). Il Golem di Meyrink riprende la leggenda fondendo assieme letteratura fantastica, cabala e terrore, in un viaggio delirante nella Praga di primo Novecento. Ne è entusiasta lettore persino Borges (sul Golem scriverà anche una poesia) che sarà un grande ammiratore di Meyrink al punto da promuoverne la diffusione in Sudamerica.
Dopo Meyrink, il cinema si ciba del Golem. La settima arte è ancora giovanissima, ma l’incisività nell’immaginario collettivo del gigante della tradizione ebraica è immediatamente percepita dal grandissimo Paul Wegener. Siamo all’apertura della stagione del cinema espressionista tedesco (il manifesto sarebbe arrivato con Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene del 1920) e Wegener ne è una sorta di avanguardia. Appena un anno dopo l’allucinato Lo studente di Praga del 1913, girerà Der Golem. All’epoca fu un successo senza precedenti al punto che, nel giro di sei anni, ne diresse altre tre versioni: un corto, una parodia e un’ultima versione datata 1920.
La cultura popolare del Novecento si appropria del mito del Golem. Così lo immaginiamo in buona compagnia tra il mostro del dottor Frankeinstein (James Whale si ispirò al mostro di Wegener per girare Frankenstein nel 1931), e poi, in uno scorrimento sempre più veloce, con i primi robot della fantascienza fino agli androidi dickiani. Una galleria che, verosimilmente, perde un po’ di magia ad ogni decennio che passa, ma rinnova, ad ogni generazione, le medesime domande.
About Rosario R. Battiato
Una vita nel color catrame di una città di pietra lavica costringe a considerare gli aspetti più vergognosi e perversi della propria persona. Un lato oscuro che non servirà a divenire un personaggio da romanzo, e che non aiuterà nemmeno a scrivere un romanzo dove piazzarsi autonomamente. Raggiunta la rassegnazione, scrive di mostri e altre malattie, cioè del proprio sogno interrotto. Si è salvato fondando Asterischi.it, un blog ludico letterario, che è stato in seguito contagiato e oggi contiene La metà oscura, una rubrica di letteratura di genere.
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