UNDERWORLDS – Alan D. Altieri

Ecco  il Maestro italiano dell’Apocalisse nel quarto volume della collana a lui dedicata.

Il volume raccoglie un po’ del suo meglio, un po’ del suo inedito, per un totale di sette storie che si avventurano ai limiti del metafisico e dell’orrore puro e senza nome, ma che non ci risparmiano dettagli agghiaccianti, sudori freddi, e tanta inquietudine sotto pelle.

Un autore italicamente atipico, Altieri, così intriso di America, a partire dalle ambientazioni e dal linguaggio, che alterna un italiano secco, essenziale, quasi simbolico, ad espressioni inglesi colloquiali, che ricordano i film sboroni, i modi di dire degli USA meno patinati, le canzoni rock.

I racconti di Altieri sono metafore trasversali, sono parodie di una realtà alienata, sono parabole senza dio, intrise di protesta politica, sociale, storica. Ci proiettano in un futuro evidente, e ci danno già per spacciati. Sono costruiti su temi ricorrenti: un potere sull’orlo del baratro, un mondo devastato, post-bellico, intra-collasso, ambientazioni desertificate, brulle, aguzze, secche come il linguaggio che le rappresenta, mentre gli uomini sono per la maggior parte ominidi, esseruccoli schiacciati dalla loro stessa violenza, dal loro egoismo/egocentrismo, vili despoti al loro canto del cigno eppure ancora tenaci nella loro idiozia, mentre l’iper-tecnologia e il progresso che li hanno prima resi schiavi li abbandonano ora al loro destino.

Ogni racconto è un piccolo mondo a sé, e pur tuttavia è anche un tassello di un mosaico apocalittico più grande, una specie di raccolta di “voci dalla fine del mondo” che mescola i temi classici dell’horror, le paure ancestrali dell’al-di-là e dell’ignoto con i deliri di una tecnologia alla Matrix, invasiva e decadente, di cui l’Homo Sapiens è vittima preferenziale.

“Underworlds – Echi dal lato oscuro” è una raccolta che va oltre l’horror e va oltre la fantascienza, e soprattutto si riallaccia allo spirito originario dei generi “altri”: quello di critica feroce, quasi bestiale, al mondo reale che ci circonda, di cui sappiamo sempre troppo poco, di cui non ci curiamo mai abbastanza.

Non vi si può dire di più senza rovinarvi il sapore metallico (Sangue? Circuiti? A voi scoprirlo…) di questi racconti. Solo una manciata di titoli caldamente consigliati: “Scarecrow” ,  “Full Dagon Five”, “Totentanz”. Leggeteli e  non vi pentirete di esservi calati nell’abisso.

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