“Entrate nel mondo dei fantasmi! L’unico rischio è non uscirne vivi.”
Come dire di no. Il rapporto tra i vivi e i morti d’altronde è il leit motiv di gran parte della cultura horror, come ogni buon amante della stessa sa. E’ forse anche quello più facile da parodiare, alleggerire, rendere, con poche accortezze, fruibile anche da parte dei più giovani o dei lettori meno avvezzi a varie brutalità.
Ed è proprio questa strada più leggera che sceglie Nicola Brunalti, classe 1972, con un passato di pubblicitario e altri romanzi alle spalle, tutti indirizzati ai giovani adulti. Se con questo “Il mummificatore” l’autore tenta di svincolarsi da una produzione adolescenziale, il tono resta comunque soft, più da giallo paranormale che da vero horror, sviluppando una trama estremamente precisa, ma con un piglio ancora troppo fumettistico e ingenuo per considerarlo veramente maturo per un pubblico adulto.
La formula che adotta Brunialti miscela il Tim Burton ironico de “La sposa cadavere”, “Beetlejuice” ed “Edward Mani di Forbice” con atmosfere da Famiglia Addams, rovesciando il senso logico delle cose così come ci si aspetta nell’aldilà. L’autore pesca anche a piene mani nella cultura giovanile, richiamando dettagli della corrente dark-metal, incluso il gusto macabro per i cimiteri che darà inizio a questa storia.
L’eroina di questa storia infatti è una goth tredicenne che tutte le mattine si reca a trovare il nonno defunto in un fascinoso cimitero viennese. Circondata a sua insaputa dagli spiriti di altri morti, viene evocata per errore nell’Oltretomba tramite una seduta “vivitica” (idea senza dubbio divertente e molto addamsiana) e si ritrova così catapultata in una cittadina di spettri, mentre a Vienna imperversa un misterioso assassino seriale che uccide sue vittime lasciandole come mummificate.
Nonostante i numeri vincenti, la scrittura resta un po’ approssimativa e leggerina. Evidentemente l’autore è ancora influenzato da quello stile “per ragazzi” da cui voleva affrancarsi. Ci sono scarso approfondimento psicologico, poca tensione e una sensazione di superficialità diffusa, anche nell’attenzione ai dettagli che potevano fare la differenza. Il “mostro” resta per tre quarti del libro una specie di ombra sullo sfondo, delineato solo dalle sue stesse parole, poche pagine di autobiografia forzatamente folle ed egocentrica, mentre i protagonisti rimangono i politicamente corretti e rassicuranti fantasmi che ci dipingono un Oltretomba quasi idilliaco. L’avventura si chiude in modo altrettanto semplicistico, e quasi frettoloso, in modo da non turbare troppo gli animi dei lettori, che forse nel frattempo avranno anche già dipanato quella poca matassa di mistero che c’è in questo libro.
Davanti ad un’opera come questa magari alcuni storceranno un po’ il naso. Indubbiamente è un libro che scorre senza sussulti, ma le cui immagini “da cartolina” dell’Aldilà conservano un tratto divertente e gustoso. Se poi vogliamo dell’horror duro e puro, allora sarà il caso di rivolgersi altrove.
About Simona Bonanni
Simona da piccola aveva paura dei vampiri, oggi non ne può più fare a meno, a costo di incappare in libri e film di discutibile qualità. Artisticamente onnivora, è attratta da tutto ciò che è strano, oscuro e singolare. Divora pagine in gran quantità, scrive, fotografa, crea e dà molto credito a tutto quello che le passa per la testa. Ma l’unico che l’ascolta è il suo gigantesco gatto nero.
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