“Ho paura di accendere il televisore perché mi darà terrori da covare dentro me stesso, facendo apparire un mondo orrendo e deforme.”
Ci sono persone che grazie al loro genio entrano a fare parte dell’immaginario collettivo. Lucio Fulci è una di quelle. La sua dedizione alla causa dell’horror lo ha fatto assurgere a nume tutelare del genere da noi preferito. Un artigiano del terrore che non si spaventa davanti al sangue.Fulci utilizza il “gore” in modo assolutamente funzionale alle sue trame: fregandosene delle possibili ritorsioni della censura (che martorierà molti dei suoi film) mette in scena il proprio personale grand guignol sfruttandone appieno le potenzialità. Per lui il cinema è “tecnica, lavoro, professionalità”. Nel 1981, con L’alidlà… e tu vivrai nel terrore, raggiunge il vertice della sua arte.
Il film rappresenta la sconvolgente conclusione del suo trittico relativo agli zombie, iniziato con Zombie 2 e proseguito, nel 1980, con Paura nella città dei morti viventi. Senza essere gravata dalla necessità di una trama che si dipani in maniera logica, la storia ambientata nell’hotel dalle sette porte è un’avventura allo stesso tempo onirica e terrificante. L’hotel, che sorge in Lusiana, è in realtà un posto maledetto, una porta d’ingresso per gli inferi. Lizza Merril (e notate il cognome…), interpretata da Katherine MacColl (anche se inizialmente Fulci avrebbe voluto per la parte Tisa Farrow, che aveva già lavorato con lui nel film Zombi 2), lo eredita nel 1981 e decide di riaprirlo. La ragazza non sa che nel 1927, nella stanza numero diciannove dell’hotel, viveva uno strano pittore, Schweick, autore di opere oniriche ed inquietanti, macabre ma dotate di una perversa bellezza.
Proprio la natura delle sue opere ne causerà la terribile fine: accusato di essere uno stregone e di avere gettato una maledizione sulla città, il povero Schweick viene brutalmente torturato dalla folla inferocita, crocefisso e poi murato vivo, non prima di avere subito la calcinazione del viso, in una scena la cui violenza verrà presto imitata da epigoni di comodo. Solo quando un’inquietante ragazza cieca, di nome Emily (che i credits del film indicano interpretata da Sarah Keller, mentre il realtà l’attrice è la nostra Cinzia Monreale) la metterà sull’avviso raccontandole la storia dell’hotel, Lizza capirà l’incubo nel quale è precipitata. Le ombre provenienti dagli inferi cominciano a manifestarsi, sotto forma di morti viventi (tra i quali compare anche Schweick), seminando terrore è morte.
La porta dell’inferno è stata aperta, e nulla potrà fermare i risorgenti affamati di carne umana…
In una famosa dichiarazione, contenuta nel libro L’occhio del testimone, Fulci disse che il film doveva contenere “tutti gli orrori del mondo”. Doveva essere “un film senza storia: una casa, degli uomini e dei morti che tornano dall’aldilà”, senza una logica da rispettare. Immagini che si susseguono, e che spiazzano lo spettatore.
La grandezza di Fulci è stata quella di rendere organica e terrificante questa successione d’impressioni visive. Ovviamente, anche in questo film la mano della produzione si è fatta sentire, però in maniera meno invasiva rispetto ad altre pellicole. Le scene con i morti viventi, per esempio, sono state fortemente volute dai finanziatori tedeschi, tesi a seguire il fortunato trend iniziato dai film di Romero, mentre il prologo è stato girato in seppia per smorzarne in qualche modo il tono troppo sanguinario.
La distribuzione della pellicola ha avuto una vita molto travagliata: massacrata dalla censura in più paesi (in Norvegia addirittura il film è stato bandito), solo ultimamente è stata sottoposta a un recupero filologico che ne ha ripristinato la vera essenza. Per un periodo si ventilò poi l’ipotesi che avesse potuto esserci un seguito a L’aldilà, intitolato Beyond the Beyond, ma la cosa è stata destituita di ogni fondamento da Antonella Fulci, figlia del regista.
Fulci, per il film, si è avvalso della preziosa opera di Dardano Sacchetti(Zombi 2, Quella villa accanto al cimitero, La Chiesa), co-autore della sceneggiatura, e della maestria di Giannetto De Rossi (Dune, Rambo III, Dragonheart) per gli effetti speciali, che conservano quell’impronta di fantasia artigianale propria dei budget non miliardari della cinematografia nostrana, ma, forse proprio per questo, assolutamente credibili e originali. Ottima anche la fotografia, curata da Sergio Salvati (Sette note in nero, M.D.C. – Maschera di cera), e perfettamente in tono con il girato il lavoro di Fabio Frizzi (Manhattan Baby, Un gatto nel cervello) che riesce a comporre una colonna sonora inquietante al punto giusto, e perfettamente adeguata sia nei momenti più gore che in quelli di genere “surreale”.
In una famosa dichiarazione, contenuta nel libro “L’occhio del testimone”, Fulci disse che il film doveva contenere “tutti gli orrori del mondo”. Doveva essere “un film senza storia: una casa, degli uomini e dei morti che tornano dall’aldilà”, senza una logica da rispettare. “…Un susseguirsi di immagini”, questo doveva essere: la grandezza di Fulci è stata quella di rendere organica e terrificante questa successione d’impressioni visive. Ovviamente, anche in questo film la mano della produzione si è fatta sentire, però in maniera meno invasiva rispetto ad altre pellicole. Le scene con i morti viventi, per esempio, sono state fortemente volute dai finanziatori tedeschi, tesi a seguire il fortunato trend iniziato dai film di Romero, mentre il prologo è stato girato in seppia per smorzarne in qualche modo il tono troppo sanguinario. In America, invece, il film è stato distribuito come opera di Louis Fuller (sic!),
Nel 1983, uno sconosciuto gruppo rock svedese diede alle stampe il primo disco, intitolato, così come il nome della band, “Europe”. Una delle canzoni più belle di quel disco si intitolava “Seven Doors Hotel”. Il gruppo, capitanato da un riccioluto ragazzone di nome Joey Tempest, avrebbe poi sbancato le hit parade del mondo intero con un anathem come “The final countdown”. Quello che non tutti sanno è che quella canzone, “Seven Doors Hotel”, divenuta il loro primo singolo, era direttamente ispirata dal capolavoro di Lucio Fulci “L’Aldilà… e tu vivrai nel terrore”. Dico questo solo per farvi capire come il lavoro di questo geniale artigiano della macchina da presa abbia sempre rappresentato un formidabile biglietto da visita per il cinema italiano, giungendo a “contaminare”, con la propria forza visionaria, ambiti anche non cinematografici.
Un’opera indispensabile, questa, per ogni appassionato: lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate…
About Giuliano Fiocco
Ha visto nascere Horror.it, e l’ha accudito per lungo tempo assieme ad Andrea. Adesso la vita gli lascia poco tempo per le passioni, ma in un angolo oscuro del cuore rimane in agguato la voglia di scrivere. Ha scritto un romanzo, da cui è stato tratto un film, in fase di produzione.