Dopo qualche zoppicamento, è arrivata l’agognata svolta e The Walking Dead torna a rapire i propri telespettatori.
Nell’articolo della settimana scorsa avevamo auspicato un cambio di marcia e una svolta che potesse dare nuova linfa a una stagione che ogni tanto aveva segnato il passo, ebbene sembra quasi che gli autori ci abbiamo dato ascolto: il settimo episodio di The Walking Dead riappacifica la serie con tutti coloro che nelle ultime puntate erano rimasti perplessi.
Una storia avvincente, costruita in modo perfetto, con un’escalation di tensione che porta a uno scoppiettante finale in cui tante cose vengono rivelate, una su tutti: che fine ha fatto la piccola Sophie? Non c’è un attimo di tregua in questa settima puntata, i personaggi sembrano avere una marcia in più, come se una scossa elettrica li avesse percorsi da capo a piedi risvegliandoli dal torpore in cui erano caduti, i caratteri (o le palle) vengono finalmente fuori nel modo giusto e gli zombie vengono restituiti al loro originario ruolo.
Che The Walking Dead non sia solo una serie di zombie è ormai conclamato, ancora maggiormente dopo la settima puntata. Come il fumetto da cui è tratta, essa mira a essere molto di più e ingabbiarla nel genere apocalittico-zombesco, rifacendosi magari agli insegnamenti cinematografici di Romero & Co., la ridurrebbe a un sotto prodotto, spogliandola di tutti gli elementi originali che gli autori via via stanno innestando, primo fra tutti la (in)capacità umana di affrontare un evento così drasticamente distruttivo come un’invasione zombesca.
Se con Romero si era arrivati ad addomesticare lo zombie (Il giorno degli zombie, 1985) o a fornirli di una certa capacità evolutiva (La terra dei morti viventi, 2005), in The Walking Dead si è fatto un ulteriore passo in avanti (o di lato, se vogliamo), parlando chiaramente di malattia e avvicinandosi quindi a quanto realmente potrebbe accaderci (è di poche ore fa la notizia della creazione di un virus che potrebbe dimezzare la popolazione mondiale).
Molti i dialoghi, anche nella settima puntata, in cui la diversa visione di Rick ed Herschel si confronta (anche bruscamente): da un lato l’ex sceriffo che avendo vissuto direttamente l’apocalisse, sulla propria pelle, considera gli zombie dei mostri pericolosi da eliminare; dall’altra l’anziano veterinario che non si arrende alla realtà, testardamente legato a un mondo che ormai non c’è più e convinto di poter ancora fare affidamento nella scienza e nella religione (anche se potrebbe sembrare una contraddizione) e che si ostina a “ricoverare” gli infetti nel suo fienile in attesa non si sa bene di cosa (una cura? Un’indicazione da seguire? Un evento in grado di fargli capire cosa fare?).
Queste due anime si scontrano in maniera definitiva nel settimo episodio che, chiudendo la prima fase della seconda stagione (la serie si fermerà fino a febbraio come ormai consuetudine nel mercato americano), lo fa lasciando lo spettatore a pancia piena e col sorriso tra le labbra, soddisfatto e sazio di quanto ha potuto vedere, ma soprattutto consapevole di avere finalmente avuto molte delle risposte che cercava.
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).