Una ragazza ondeggia sul ciglio della strada, ricoperta di sangue e visibilmente scossa. Laurie Strode si è salvata dalla follia di Michael Myers così come il Dr. Loomis e Annie Brackett.
Il corpo di Michael viene caricato su un’altra ambulanza e trasportato verso l’ospedale, ma la sua corsa termina in seguito a un incidente stradale. Laurie si ritrova distesa sul letto dell’ospedale, sembra essere al sicuro finchè una delle infermiere non viene pugnalata al petto da Michael, che vuole riportare la sorella a casa.
Quando ho recensito il primo remake di Halloween ero prevenuto data l’inutilità dell’operazione (se non da un lato meramente commerciale e, per favore, non parliamo di tributo) e, specialmente, dalla ammirazione che ho sempre provato per il capostipite della serie, ritenuto intoccabile. Il seguito diretto da Rick Rosenthal ha presentato l’eccellente idea di iniziare esattamente dove finiva il precedente Halloween, oltre a diluire una buona dose di splatter, ma senza ammaliare come il primo. Per cui l’approccio a questo secondo remake di Rob Zombie è stato decisamente diverso.
Nonostante questo, scrivo subito che uno dei registi dark/horror della nuova generazione che più ha attirato l’attenzione della critica (insieme a Neil Marshall) sembra aver esaurito del tutto la carica nei primi due lavori (La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo). Esaminare Halloween 2 in maniera più oggettiva possibile comporta esaltare una fotografia dove i neri sono vividi, quasi a voler fagocitare i personaggi, una regia discreta, che conosce i trucchi del mestiere, un montaggio che sa dosare momenti compulsivi imprimendo un buon ritmo, e una sceneggiatura che sulla carta sembrava promettere bene. Peccato che proprio quest’ultima, alla resa dei conti, si sia rivelata evanescente ed esile, bastava un flebile alito di vento per lasciar volare via tutto. E così è successo.
Il soffio funesto è giunto dal desiderio di Zombie di dare una introspezione psicologica al personaggio. La figura di Michael Myers è stata sempre associata (in maniera inequivocabile dalle parole del suo stesso creatore John Carpenter, ma anche visibilmente nel primo e sesto episodio) al male assoluto. Un buco nero il cui epicentro attrae e inghiotte la vita senza un motivo, senza coscienza delle proprie azioni, in un vortice di odio e violenza allo stato puro. Michael, nel 1978, trasfigurava una punizione, una cura, per la violenza, la promiscuità e la faciloneria della gioventù americana di quegli anni. Una sorta di male iniettato nel mondo come unica via per annientare altro male (almeno da un punto di vista perbenista). L’idea di Zombie è apprezzabile: non vuole fare un remake del secondo episodio, e infatti la trama si dipana lungo binari decisamente diversi, ma vuole motivare le azioni del boogeyman. Purtroppo il modo in cui decide di giocare queste carte risulta totalmente errato se non addirittura ridicolo.
Vi assicuro che vedere continuamente Sheri Moon (che interpreta la madre di Michael), in vestito bianco e trucco funereo, come immagine totemica del “ritorno a casa” di Michael e sua luce guida, è imbarazzante. Dopo l’incidente dell’ambulanza, Michael vede la madre con un cavallo bianco sul ciglio della strada, se l’intento era onirico, il risultato non lo è. Non parliamo dello sconcertante finale che sembra voler aprire nuove piste, e quindi nuovi seguiti (come era stato per Saw), in maniera però raffazzonata e, se vogliamo, costruita a tavolino. Capirete dopo aver seguito tutto lo svolgersi degli eventi.
Da un lato il regista vuole dare un taglio maturo al personaggio di Michael, dall’altro ci ricorda continuamente di trovarci in uno slasher e, quindi, che si è soggetti a certe regole. Per cui vai con la mattanza gratuita, con personaggi che capitano sullo schermo solo perchè devono essere ammazzati (le scene gore non mancano); a tal proposito notifico l’uomo che trova Laurie dentro casa nella prima metà del film e l’automobilista che si ferma ad aiutarla, verso la fine: entrambi dicono praticamente le stesse battute e temporeggiano giusto per dare il tempo a Michael di afferrarli e infilzarli a dovere, così che la novella screaming queen possa dare il via al suo repertorio di urla.
Un vero peccato, anni fa avrei scommesso su una icona come Rob Zombie, anche perchè dimostra di saperci fare: la prima mezz’ora del film (fino a quando si interrompe il sogno di Laurie) mantiene una tensione palpabile, con una crudezza invidiabile. Peccato che l’entusiasmo iniziale venga smorzato e seppellito dal dramma seguente, focalizzato sulla follia di Laurie.
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