I sogni sono mondi incontrollabili dove fantasie e frustrazioni si riversano anarchicamente durante il sonno. Non esiste una ragione o un Dio che regola l’illusione di un’azione in questa landa onirica: si può volare, i nostri cari defunti posso risorgere per parlarci, l’assurdo daliano diventa realtà di tutti i giorni, e naturalmente tutte le nostre fobie prendono una forma materiale nell’irrealtà delle nostre visioni notturne.
Freddy Krueger è l’incarnazione delle nostre paure ataviche, l’idea del buio che fa paura, del dormire senza risveglio, del baubau che vive sotto il letto. Ma non solo: Freddy Krueger è anche il sesso sporco, quello che distrugge l’idea da ragazza del principe azzurro, la rozzezza, la volgarità del maschio che al posto di essere detestata inconsciamente viene desiderata in un riappropriarsi del ruolo primordiale di femmina tolti i panni della donna pensante. Per questo forse, a differenza di Jason, il ritardato assassino di Venerdì 13, Freddy, con il suo maglione a righe e il cappello a lunghe falde, è diventato non solo un personaggio leggendario da film, ma una vera icona per i ragazzi di tutte le età: perchè è vero che Freddy è dannatamente pericoloso, ha gli artigli come un gatto e fa paura la sua voce, ma è anche tremendamente sexy nella sua mostruosità incarnando perfettamente tutto quello che detestiamo e che ameremo essere, un segreto che nascondiamo nella società delle apparenze.
Nightmare dal profondo della notte (1984)
Alla base di A Nightmare On Elm Street (Nightmare dal profondo della notte) ci sono gli scritti di Castaneda, uno studioso che si addentrò attraverso i suoi libri nei mari inesplorati del sogno, ma anche le vicende del serial killer Albert Fish, uno tra gli assassini più infami della storia che uccise e stuprò centinaia di bambini nell’America dei primi del 900. Craven in diverse interviste poi asserì che furono fondamentali almeno due episodi della sua vita per dare forma a Freddy Krueger: l’incontro quand’era bambino con un barbone che lo spaventò a morte e le angherie subite da parte di un bulletto che si chiamava appunto come il nostro mostro dalle unghie aguzze. A questo aggiungiamo un fatto di cronaca americano dei primi anni 70 dove un ragazzo asiatico svegliò di notte la famiglia con urla terrorizzanti e morì nel sonno come se stesse lottando disperatamente contro qualcuno.
“Era una notte quando mi svegliai e guardai fuori dalla finestra: sotto c’era questo barbone che mi guardava dritto negli occhi. Era vestito come Freddy Krueger, maglione simile e portava quel sudicio cappello, doveva essere un ubriacone. Mi nascosi, contai nel buio, uno, due, tre, cento, ma quando alzai la testa lui era ancora lì e mi guardava ancora, gli occhi cattivi fissi su di me. Vidi che faceva il giro della casa e sentii che armeggiava con la porta. Svegliai mio fratello che scese con una mazza da baseball, ma fuori non c’era nessuno (…) Poi ci furono una serie di articoli sul Los Angeles Times usciti a distanza l’uno dall’altro che raccontavano episodi simili su tre persone di origine orientale che non riuscendo a convivere con i ricordi della guerra in Vietnam morivano nel sonno. Uno di questi era più interessante di altri perchè appena letto mi dissi che c’era la materia per un film: un ragazzo che era stato in un campo di riabilitazione, in Cambogia credo, viveva ora con i genitori in America e si rifiutava di dormire perchè diceva che nel sonno poteva morire. Trovarono nella sua stanza nascoste tazze che aveva riempito con il caffè: cercava in tutti i modi di non addormentarsi. Una sera i suoi tornano e lo trovano addormentato davanti alla tv, sono felici perchè sta riposando pacificamente, ma poi nel cuore della notte si sveglia e sembra che lotti con qualcuno finchè non muore. Ecco lì c’era il seme per Nightmare”. [Wes Craven]
Il regista aveva cominciato a scrivere una sceneggiatura di Nightmare on Elm Street già verso il 1981, dopo aver finito la produzione del cinecomix Swamp Thing (1982) quando era uno degli autori giovani più promettenti sulla piazza, ma piazzare il film su Freddy Krueger non fu facile anche perchè l’horror in quel periodo era visto di malavoglia ad Hollywood, e poi non dimentichiamo che si parlava di un pedofilo assassino, argomento tabù per l’America puritana. Nightmare infatti viene rifiutato dalle maggiori major e trova una via solo grazie al coraggio di una casa indipendente che alle spalle aveva poche cose importanti per di più documentari, la New Line che, ancora a distanza di anni e di grandi successi, è conosciuta dai fan come “The House That Freddy Built“. Curioso come tra le case che si interessarono al progetto ci fosse pure la Walt Disney che voleva però un prodotto molto più edulcorato e per ragazzini. Alla fine Craven scelse di descrivere Krueger soltanto come un assassino di giovani stemperando il risvolto pedofilo (che tornerà nel remake recente). Per il ruolo di Nancy Thompson, Craven voleva a tutti i costi un’attrice non conosciuta e la scelta cadde su Heather Langerkamp che battè qualitativamente ai provini quasi 200 attrici. L’indirizzo fittizio dell’abitazione dove si svolge la vicenda è il 1428 di Elm Street a Los Angeles, California, divenuto un po’ il marchio della serie. Durante la produzione, più di 500 galloni di sangue finto furono utilizzati per gli effetti speciali: si pensi che per la famosa sequenza del geyser di sangue, si riciclò lo stesso set con stanza girevole utilizzato per la coreografica morte di Tina. Altra curiosità è su come è stata girata la famosa scena dell’artiglio che fuoriesce dall’acqua mentre Nancy sta facendo il bagno: il set fu costruito su una piscina e fu realizzata una speciale vasca senza fondo.
Il regista di Venerdì 13, Sean S. Cunningham, vecchia conoscenza di Craven fin dai tempi del suo primo horror, aiutò l’amico girando una secondaria scena di inseguimento: i semi perchè le due icone dell’horror, Freddy e Jason, si incontrassero c’erano quindi già agli albori delle serie. Stilisticamente Nightmare è anche la prova più matura del regista Wes Craven che veniva da almeno due cult movie del cinema del terrore, Le colline hanno gli occhi e L’ultima casa a sinistra, stupendi affreschi di un orrore brutale e primitivo, ma di fattura registica (volutamente o meno) acerba e rozza. In Nightmare Craven può sfogare la sua fantasia, il suo gusto per la citazione (che sfocerà in tempi recenti nell’accumulo ridondante e inutile di uno Scream 3), i suoi studi filosofici da ex professore universitario, ma soprattutto avrà l’occasione di girare forse il suo capolavoro, quello capace ancora oggi, accresciuto ancor di più da un mediocre remake, di far paura a distanza di quasi trent’anni. Si riconoscono echi del primo Dario Argento (la preparazione degli artigli come le lame dell’assassino di L’uccello dalle piume di cristallo), ma anche influenze meramente craveriane (la scena della vasca da bagno filtrata dal poco precedente tv movie Benedizione mortale) in un contesto totalmente innovativo però per l’epoca: un universo dove la realtà e il sogno si assottigliano sempre più fino ad assomigliarsi. Restano nella leggenda del cinema horror il magistrale omicidio di Tina sotto gli occhi atterriti del fidanzato (scena omessa per la sua crudeltà da molte versioni dvd) con le artigliate sul soffitto, e il geyser di sangue surrealista della morte del ragazzo di Nancy, ma anche Krueger che allunga le braccia assurdamente come un disegno sproporzionato di un bambino dell’asilo.
A Freddy darà il volto l’attore di teatro Robert Englund, già celebre per essere stato l’alieno buono nella serie cult V Visitors, e che da allora rinuncerà quasi per sempre al suo viso per indossare una maschera sformata di esso in seguiti e horror debitori di Nightmare. Tra gli attori fa il suo esordio la futura star Johnny Deep che non si dimenticherà di Krueger ritornando per un breve cammeo nel capitolo, sulla carta, finale della serie, Nightmare 6. Altra faccia nota è il padre poliziotto della protagonista Nancy, John Saxon, volto conosciuto dei western, ma anche cattivo dei poliziotteschi italiani tipo Italia a mano armata col compianto Maurizio Merli. Wes Craven originariamente pensò di creare per il film un finale più suggestivo: Nancy uccideva Krueger smettendo di credere in lui, ma poi risvegliandosi scopriva di stare vivendo in un incubo più complesso. Ma la New Line insistette per un altro finale dove la morte di Freddy Krueger non era data per certa aprendo quindi la strada per altri incubi. Craven era assolutamente contrario, per lui il film doveva essere un unico capitolo, ma alla fine dovette cedere, grazie a Dio, aggiungiamo noi, perchè questo fu l’inizio di una leggenda che durerà ben altri 8 incubi tra remake, seguiti e spin off, senza contare fumetti e due stagioni di una serie tv.
I seguiti
Il Krueger dei seguiti è ben diverso dal Krueger originale. A poco a poco la serie, sempre di più apprezzata dal pubblico di ragazzini, si attesta sull’horror umoristico con una metamorfosi del pedofilo serial killer onirico in un clown nero e diabolico dalla battuta pronta. Se il Krueger originale parla davvero poco e uccide selvaggiamente, man mano che la serie prosegue gli omicidi si faranno più spettacolari, assurdi e così surreali da non fare neppure paura commentati dalla volgare e cinica ironia del mostro di Elm Street. L’inizio di questa tendenza si ha col capitolo più odiato da tutti i fan della serie, quel Nigtmare 2 la rivincita (1985) che anarchicamente se ne fregherà della mitologia craveriana e dei suoi personaggi per creare una storia orientata verso il filone delle case maledette che da Amityville in avanti stavano vivendo un momento di nuova vitalità. Artefice dell’opera il giovane Jack Sholder che ha all’attivo uno slasher atipico con Jack Palance, Soli nel buio, con tre pazzi mascherati al prezzo di uno, e girerà nel futuro un cult della fantascienza horror, L’alieno.
Umori omosex si mischiano a scene di morte spettacolari: corpi squartati e usati come involucri per il passaggio di Freddy nel mondo onirico a quello reale con un’idea di carnalità sessuale quasi barkeriana. Eliminato il personaggio di Nancy entra in scena quello di Jesse, il tipico ragazzo della middle class che vive in villette a schiera da American beauty con la famigliola da spot mulino bianco, fa sport ed è felicemente fidanzato con una ragazza altrettanto fasulla e asessuata. Ma sotto questa patina il regista Sholder scava, come farebbe Fred con le sue unghie, fino a trovare il marcio: un padre padrone che sottomette la moglie succube, un desiderio di massacrare tutti i cari come in Amitiville possession di Damiani, solo a colpi di artigli al posto del fucile, il desiderio represso dell’amore per un amico nascosto da una facciata di infatuazione idilliaca per una donna. Ecco che i semi per l’arrivo – ritorno di Freddy Krueger ci sono tutti. La casa di Elm street acquista una dimensione regia in questo capitolo, quasi fosse una componente fondamentale per la resurrezione di Freddy: sotto nella cantina si ha la fornace dove si ipotizza che Freddy costruì i suoi guanti e dove abitò prima di Nancy, ma non solo, la casa diventa quasi un’appendice dell’inferno dove Kruger acquista una dimensione quasi luciferina (idea rinforzata dalla presenza biblica di un serpente in un sogno fatto da Jesse in classe).
E’ l’incubo che non ha bisogno più del sonno per prendere forma: un pacifico uccellino diventa un impazzito predatore per esplodere, i dischi si sciolgono quasi come in quadro di Dalì, il desiderio di essere maschio stride attraverso la penetrazione della carne da parte di Krueger, le urla femminee, i balli cripto gay con mossettine, il disgusto del sesso femminile e la ricerca di un corpo maschile per i propri desideri sessuali sfociano in una strage che grida soltanto desiderio di essere accettati. Nightmare 2: la rivincita è un potente horror, svolta originale nel concept di Craven, così decisivo da essere odiato dal suo creatore che cercherà dal terzo capitolo di riappropriarsi della saga, ma anche un capitolo dai sottotesti così complessi e profondi, mai banale, da esigere una rivalutazione meno superficiale da parte di una critica troppo frettolosa a liquidare un sequel e da un pubblico cieco verso le novità. Nightmare 2 di Sholder è anche il debutto di Freddy Krueger come superstar che in una scena entrata nella leggenda sciorinerà il suo amore per il pubblico di fan “Siete tutti figli miei”, frase che potrebbe pure essere interpretata con l’idea di un male latente nel passaggio tra fanciullezza e maturità. L’idea del pullman guidato da Freddy era un’idea scartata da Craven nel finale del primo capitolo sostituita dall’auto con il tettuccio a mò di maglione kruegeriano. Sembra che sul set (ma alcune voci vogliono il fatto spostato nel capitolo successivo) fu rubato il famoso guanto icona di Freddy e questo giustificherebbe l’assenza dell’arma in molte scene della pellicola.
Il film come il precedente è un successone e passano solo due anni per il terzo capitolo scritto (tra gli altri) questa volta da Wes Craven, Nightmare 3: i guerrieri del sogno (1987). Torna ancora Nancy Thompson, la protagonista del primo capitolo e ci si dimentica del finale negativo che chiudeva quella pellicola: la ragazza ora è cresciuta, fa la psicologa e si interessa ad un gruppo di ragazzi che apparentemente si stanno suicidando in un centro di cura mentale per adolescenti. In realtà neanche a dirlo è Freddy Krueger che li sta uccidendo ad uno ad uno nei sogni. In questo nuovo capitolo, rispetto al precedente, più che la storia contano gli effetti speciale e Freddy diventa a tutto tondo il pagliaccio scuro amato dai fan. Si racconta che fu un’idea di Englund di improvvisare la frase leggenda “Welcome to prime time, bitch” al posto di una più inefficace “Ora sei dentro la tv”. Lo script originale calcava molto più la mano sul tema dei suicidi abbassando l’età dei giovani protagonisti, e alla base di questa sceneggiatura iniziale fu scritta la trasposizione letteraria The Nightmares on Elm Street Parts 1,2, 3: The Continuing Story di Jeffrey Cooper con un finale diverso quindi, personaggi che muoiono a differenza della versione filmata, e un’idea aderente molto di più al concept iniziale di Craven. A farla da padrone sono soprattutto, come già detto, gli effetti speciali e le grandiose scene di morte: oltre alla ragazza con la testa infilata a forza da una Krueger tv è bene ricordare il ragazzo marionetta con le vene al posto dei fili, la morte di una ex tossicodipendente con un overdose di eroina iniettata dal guanto del killer con siringhe al posto di lame, un combattimento omaggio agli argonauti di Harriausen con tanto di scheletro animato a passo uno e naturalmente il nuovo dissacrante umorismo kruegeriano a commento di tutto.
Il film risulta divertente, ma anche molto prevedibile, ancorato banalmente alla formula del primo capitolo che sarà plagiata da tutti i capitoli successivi fino al sei. E’ però un Nightmare importante per la sua componente introspettiva nel passato di Krueger, figlio di una suora stuprata da una un centinaio di folli maniaci (tra cui lo stesso Englund senza maschera), storia fondamentale per il capitolo più minimale spettacolarmente, il numero 5 dove l’assassino ustionato ha desiderio di paternità.
Nel cast spiccano almeno tre volti noti: la futura star Patricia Arquette (Una vita al massimo), Craig Watson fresco fresco di Omicidio a luci rosse di Brian De Palma e il grande Lawrence Fishburne ancora lontano sia da CSI che da Matrix. Meglio va con Nightmare 4: il non risveglio (1988) del finlandese Renny Harlin: stessa formula del tre, ma ritmo più veloce, puro divertissement pieno di grandiosi effetti speciali, ma con la consapevolezza di essere un giocattolone senza pretese di nessun tipo. Lo scettro di protagonista passa dalla Kristen di Patricia Arquette (qui sostituita dalla poco efficace cantante Tuesday Knight) alla carrolliniana Alice della bellissima Lisa Wilcox. Morti spettacolari e alcune finezze di sceneggiatura (firmata dal geniaccio di Hollywood Brian Hegeland) come l’idea di un tempo onirico in loop. A firmare gli effetti speciali il leggendario Screaming Mad George, che trovò con Brian Yuzna il suo massimo apice di espressione artistica (Society), e che qui si scatena soprattutto in una delirante metamorfosi kafkiana di un’adolescente in uno scarafaggio gigante. Alice più della Nancy del prototipo diventa l’eroina per antonomasia della serie: non più vittima, ma protagonista capace di tenere testa a Krueger, portatrice e custode dei sogni altrui, quando Freddy invece li uccide, incarnazione perfetta di un sesso femminile forte che nella Hollywood degli anni 80 aveva visto il suo massimo apice con la Sigourney Weaver di Aliens scontro finale. Bella oltretutto la metaforfosi di Alice da nerd a guerriera del sogno man mano che qualche caro muore.
Con Nightmare 5: il mito (1989) la serie comincia a decadere. Alla regia il talentaccio australiano Stephen Hopkins, mal sfruttato da una sceneggiatura debole e stanca che ripropone in maniera patetica il personaggio della madre di Krueger, Amanda, e offre le morti meno originali della serie. Se il motociclista cyborg fa un certo effetto (ma la scena attenzione è stata tagliata in fase finale) lo stesso non si può dire delle altre trovate che quando non scopiazzano dai capitoli precedenti si inventano idee patetiche (Super Freddy).
In più una fotografia scura tendente al blu ed effetti specali più poveri del solito non aiutano neanche l’ottima perfomance della brava Lisa Wilcox per la seconda volta nei panni di Alice, qui da semplice antagonista di Krueger a madre di un bambino ambito dal mostro. Interessante, ma anche qui non molto sviluppata, l’idea che un feto possa sognare. Englund è sempre più senza controllo e le sue battute sono un continuo Puttana di quà puttana di là a mò di Figaro del Barbiere di Siviglia.
Peggio si va con Nightmare 6: la fine (1991) della produttrice Rachel Talalay, purtroppo pessima autrice dietro la macchina da presa qui come in altre occasioni (Killer machine). Nello script originale del film il protagonista doveva essere il quindicenne Jacob Johnson, figlio della Alice dei due film precedenti. Peter Jackson scrisse (con l’idea di poterla girare) una sceneggiatura alternativa di Nightmare 6, che venne scartata, dal titolo di A Nightmare on Elm Street: The Dream Love. Freddy era diventato così debole nel mondo dei sogni che gli adolescenti si vendicavano di lui entrando nel suo universo e torturandolo. Da questo incipit poi partiva la rivincita di Freddy e il viaggio onirico di un ragazzo per salvare il padre dalle grinfie del mostro di Elm Street.
Purtroppo la sceneggiatura ufficiale accettata dalla Dimension sarà peggiore delle due scartate con in più il rimpianto di cosa avrebbe potuto creare a livello visivo un talentaccio come Peter Jackson. Il livello di stupidaggine in Nightmare 6 è sopra il livello di guardia (Krueger sulla scopa a citare il classico Mago di Oz di Victor Fleming), il pubblico al quale si rivolge è quello under 14 anni con tanto di morti cartoon, scene alla game boy e tanto basso umorismo demente. Il film è impreziosito dal finale girato in 3d dove si cerca di mettere fine alla saga di Krueger con un escomotage abbastanza puerile. A interpretare il padre del giovane Fred la star dell’heavy metal Alice Cooper, ma non basta per salvare una saga giustamente arrivata alla fine.
Ma mai dire mai ed ecco che nel 1994 Wes Craven gira il più grande insuccesso commerciale della storia della serie, Nightmare nuovo incubo, ma per assurdo anche uno dei capitoli più interessanti e complessi. Si ha proprio qui la genesi del metacinema che sarà alla base del successo dei 4 Scream sempre di Craven, finzione e realtà si mischiano, gli attori interpretano loro stessi, Krueger esiste nella maschera engluniana come nell’inedita versione realista. Il creatore della serie si riappropria della sua creatura, la incupisce, gli regala una nuova mitologia, si autocita ripercorrendo le morti del primo Nightmare arricchendole però di un inaspettato realismo surrealista (vedere la morte della babysitter con stavolta Krueger presente e non più presenza invisibile come con Tina). Si citano le fiabe (Hansel e Gretel e il forno della strega) e lo stesso film diviene a sua volta una fiaba da raccontare a un bambino per stavolta esorcizzare gli incubi. Nightmare diventa l’ossessione che lega i protagonisti, l’ironica idea craveniana che Krueger ha bisogno di un seguito per sopravvivere, proprio il regista che era contrario ad un seguito fin dal primo capitolo. In questo caso, a differenza dei capitoli precedenti, non sono gli effetti speciali, ma proprio la storia a farla da padrone in una sorta di biografia fittizia dei vari interpreti e creatori di Nightmare dal profondo della notte, con legami sentimentali inesistenti nella realtà, ma possibili nell’idea di un cinema che mima la realtà, ma non è la realtà. Con questo capitolo, non capito, non amato, troppo complesso per il pubblico teen che seguiva Freddy Krueger che la saga definitivamente si spegne, ma non il personaggio di Freddy che vede in improbabili scontri e in nuovi remake una nuova linfa vitale. Difficile uccidere lo zio Fred, vero?
Lo spin off
L’idea di un film che unisse le icone dell’horror moderno (Jason Vorhees di Venerdì 13, Michael Myers di Halloween, Pinhead di Hellraiser, Letherface di Non aprite quella porta e, appunto, il Freddy Krueger di Nightmare) era nell’aria da molto tempo, ma le varie case non trovarono mai un accordo sullo sfruttamento dei vari personaggi, preoccupate su chi tra queste creature sarebbe stata l’effettiva star. Vogliamo stendere un velo pietoso su cosa l’industria in tempi moderni ha creato con la stessa idea in chiave parodistica con l’invedibile Horror movie, villipendio al buon gusto e all’intelligenza dei fan del cinema di paura.
L’idea che sermbrò più fattibile fu appunto un Freddy vs Jason soprattutto dopo che i diritti del mostro con la maschera da hockey passarono alla New Line visto l’insuccesso di Jason a Manhattan. Si preparò il crossover con il finale di Jason all’inferno dove l’artiglio di Kruger prende la maschera del gigante di Cristal lake e a commento la famosa musichetta di Nightmare con la diabolica risata di Freddy. Si vagliarono diverse sceneggiature e le più accreditate furono soprattutto 2: The millenium massacre, in cui Freddy si scopre era uno dei sorveglianti di Jason quando affogò, e Fred teste dove una setta vuole sacrificare una bambina a Krueger, ma la sorella maggiore mette il cuore del suo fidanzato morto nel corpo di Jason per impedire questo. Alla fine la sceneggiatura finale utilizzò i migliori momenti delle due, ma trattò un’altra storia. Alla regia troviamo il regista di Hong Kong Ronny Yu da poco migrato con successo in America con La sposa di Chucky, meraviglioso capitolo della saga della Bambola assassina creata da Tom Holland (Ammazzavampiri). Anche Freddy vs Jason sarà un successo, ma il film alla fin fine è poca cosa, divertimento nerd per fan. Il make up di Englund è stranamente simile a quello di Nightmare il nuovo incubo, più dribblato verso un Krueger surrealista e dai tratti luciferini. Purtroppo non aiuta l’eccessiva dose di umorismo becero che pensavamo di avere abbandonato dopo i mediocri ultimi capitoli della serie e alla fin fine la storia non ha una trama abbastanza forte da giustificare l’incontro tra queste due superstar del cinema horror. A interpretare Jason viene preferito Ken Kirtzinger al posto del solito Ken Hodden (stunt man icona di Jason) sembra per una maggiore altezza del primo sul secondo, ma nella scena finale, per complicare il tutto, i panni del gigante di Venerdì 13 vengono indossati da Douglas Tait. Nel cast fa la parte della protagonista la Monica Keena del serial Dawson creek e in ruoli secondari possiamo riconoscere la star della serie Ginger snaps, Katharine Isabelle, qui ridotta al ruolo di carne da macello per Freddy e Jason. Fra le tante scene oniriche da ricordare il risveglio dei suicidi in coma e l’arrivo di un Krueger in versione Bruco di Alice nel paese delle meraviglie. Di questo film esiste una trasposizione lettararia a firma di Stephen Mano che firmò pure la novelization di The texas chainsaw massacre di Nispel. Dal romanzo al film le differenze sono poche e si riassumono nel personaggio di Will che eccitandosi si trasforma in Freddy Krueger.
Il remake – reboot
Prima che la Platinum Dunes di Michael Bay (Non aprite quella porta e Venerdì 13 di Nispel tra i molti reboot di classici della paura) si interessasse a Freddy Krueger, i produttori Toby Emmerich, Bob Shaye e Richard Brenner per la New Line avevano in mente da diverso tempo un progetto per un nuovo A Nightmare on Elm Street. Dopo gli scarsi risultati dell’ultimo capitolo i vertici arrivarono alla conclusione che si sarebbe dovuta reinventare la serie in un’altra ottica totalmente diversa. Nacque l’idea di un prequel dal titolo Nightmare: The First Kills, con John McNaughton alla regia, un film sullo stile di Henry pioggia di sangue, più maturo, vero e sanguinoso di ogni altro Nightmare mai concepito. Lo stile documentaristico sarebbe stata la chiave giusta per narrare le vicende di Freddy Krueger, dai primi omicidi sino alla sua morte. Robert Englund, informato del progetto, si mostrò interessato a interpretare un Freddy Krueger anomalo senza nessun make up. Alla fine però questo progetto fu cassato a favore del più ricco e accomodante reboot della Platinum Dunes. Inutile dire che il remake è forse uno dei punti più bassi raggiunti dalla saga di Nightmare, più di tanti brutti capitoli, perchè tradisce in pieno il concept originale di Craven pur ripercorrendolo a volte pedissequamente. Prima di tutto a non convincere è il make up del nuovo Krueger: verosimile quanto si vuole, ispirato a veri ustionati, ma indigeribile per chi è cresciuto a pane e Robert Englund. Con questo non si vuole dire che non può esistere un Nightmare senza Englund, lo stesso si pensava con Bond senza Sean Connery, ma è indiscutibile che almeno la maschera indossata dal bravo Jackie Earle Haley (Watchmen) potesse essere un po’ più aderente al prototipo.
Questo Kruger senza naso è francamente imbarazzante a livello visivo e, pur se simile come comportamento all’originale villain craveniano, non riesce mai ad avere il carisma che caratterizzava il Krueger fin dagli esordi. Bisogna poi dire che di fondo manca una dose di coraggio e c’è la fastidiosa tendenza di lanciare il sasso e nascondere la mano come nell’indecisione di descrivere un Freddy ingiustamente lapidato da una folla di genitori giustieri. Alla fine il male deve sempre essere pedantemente male così da rendere i nostri sogni più leggeri. A livello visivo il film è poca cosa: i momenti onirici, vera attrazione della serie, sono prevedibili, e il passaggio dell’esordiente Samuel Bayer dal mondo dei videoclip a quello del cinema è imbarazzante. Inconcepibile la mancanza di Robert Englun: neppure in un piccolissimo cammeo. In qualsiasi caso questo reboot ha incassato moltissimo ed è già in cantiere un sequel, questa volta fortunatamente girato da un altro regista, seguendo la moda del 3d. Speriamo in bene.
I fumetti
Freddy ebbe una vita alternativa anche nel mondo dei fumetti con diverse serie nate e defunte nel giro di pochi numeri, interessanti molte volte più a livello di soggetto che di effettiva resa finale. La prima a portare Krueger nei comics fu la casa delle meraviglie, la Marvel, che fece uscire a fine anni 80 due numeri in bianco e nero che raccontavano una storia inedita rispetto a quelle trasposte sul grande schermo. Dreamstalker scritto da Steve Gerber e disegnato da Rich Buckler si prendeva delle libertà rispetto ai 4 film usciti sul grande schermo, tanto da stridere con la mitologia kruegeriana in diversi punti, ma qualitativamente non era peggiore di tanti capitoli passati e futuri della serie. Il fumetto fu un successo senza precedenti, uno dei più venduti tra le pubblicazioni in bianco e nero di questa casa, ma venne comunque interrotto. Sembra infatti che i dirigenti della Marvel, famosa per i suoi supereroi da Spiderman a Hulk, avessero paura che un fumetto dai contenuti così maturi potesse allontanare una fetta di affezionati lettori dalle loro pubblicazioni. Altre due storie scritte da Peter David avrebbero dovuto vedere la luce, ma l’interruzione della serie relegò al limbo delle idee mai pubblicate queste nuove avventure kruegeriane. Bisogna aspettare quindi il 1991 quando L’Innovation Publishing fa uscire ben tre serie di A Nightmare on Elm Street, tutte scritte da Andy Mangels e questa volta a colori. La prima serie vedeva come protagonisti molti personaggi conosciuti dai fan di Freddy, tra cui Nancy Thompson, Kristen e Alice con un arco temporale che spaziava un po’ in tutti i film di Nightmare, coprendo pure il buco narrativo tra il capitolo 5 e il 6. La seconda serie, La morte di Freddy, era un mero adattamento del film omonimo con tanto di ultima parte da leggere con gli occhialini in 3d.
L’ultima serie, una delle più interessati, era invece un vero e proprio seguito a fumetti del sesto capitolo. Purtroppo il fallimento della casa nel 1992 ha interrotto la storia che non ha mai visto la fine, ma il suo autore Mangels ha recentemente pubblicato sul suo sito web la sceneggiatura dell’ultimo episodio inedito. Tra ristampe varie bisogna aspettare il 2005 perchè Freddy infesti ancora le edicole con una miniserie di tre numeri editata dalla Avatar press, storie non molto interessanti e realizzate senza nessun nerbo. Meglio va nel 2006 quando la WildStorm Productions , una succursale della DC Comics, acquista A Nightmare on Elm Street, lancia una nuova serie regolare scritta da Chuck Dixon e disegnata da Kevin J. West, Bob Almond e Joel Gomez. La prima storia, Freddy’s War, è incentrata su un’adolescente di nome Jade, che trasferendosi a Sprinwood entra in contatto con Freddy. Aiutata dal padre, un ex ranger dell’esercito, e da una ragazza in coma, Jade inizia a fronteggiare Krueger. Altra storia interessante e dallo sviluppo non banale è Demon of Sleep, che racconta la vicenda di un gruppo di emarginati che, per non essere uccisi da Krueger, evocano un demone azteco del sonno che possa aiutarli. La serie comunque si interrompe perchè la Wildstorm decide di creare dei volumi autoconclusivi che raccontino singole storie incentrata sulle icone horror, oltre a Freddy pure Jason e Letherface. La storia su Krueger fu scritta da Christos Gage e Peter Milligan dal titolo Copycat, dove appunto un emulo del mostro di Elm Stret uccide adolescenti a Springwood. E’ questa l’ultima apparizione in solitario di Freddy che dovrà dividere la scena con altri nei due seguiti a fumetti di Freddy vs Jason ovvero Freddy vs. Jason vs. Ash e Freddy vs. Jason vs. Ash: The Nightmare Warriors, scrittae da James Kuhoric e illustrate da Jason Craig, dove ai due mostri si aggiunge la presenza del protagonista caciarone della serie Evil dead di Sam Raimi. E’ questa forse la più riuscita tra tutte le trasposizioni a fumetti di Krueger, quella più fresca e sicuramente più divertente. Certo è che ognuna di queste pubblicazioni merita, anche a discapito della scarsa riuscita artistica, un recupero per leggere versioni alternative o nuovi sviluppi della serie Nightmare che abbiamo amato e che amiamo ancora.
Altri media
Nel 1988 sbarca, sfruttando l’eco del personaggio, in tv un telefilm tutto incentrato su Krueger, Freddy’s Nightmare. Composta da appena due stagioni la serie, noiosetta e estremamente frenata nei temi, vede Freddy Krueger come narratore di storie sul filone di Ai confini della realtà che solo in rarissimi casi (come per esempio i frammenti Sister’s keeper e Freddy’s Tricks And Treats) lo vedono protagonista. L’episodio più interessante porta la film di Tobe Hooper ed è il pilot, No more Mr. Nice Guy, che racconta la genesi di Krueger come assassino di Elm Street con il suo linciaggio e il relativo ritorno per vedicarsi di un poliziotto che non ha fermato la folla. Per il resto la serie, a livello narrativo e visivo, si affossa nella mediocrità più assoluta senza dire nulla di nuovo o di interessante nella mitologia del mostro daglia artigli affilati. In Italia la serie oltre che su piccoli canali privati è uscita all’epoca in qualche vhs che spacciava il collage di episodi come nuovi Nightmare in attesa del quinto episodio di lì a venire.
Il mondo dei videogame non ha ospitato molte volte il personaggio di Krueger. Si può ricordare Nightmare on elm street (per comodore 64 e Nes) nel quale dobbiamo aiutare un gruppo di ragazzi (gli stessi di Nightmare 3) a ritrovare le ossa di Krueger per poi fronteggiarlo alla fine. Videogame tipico degli anni 80 non peccava neanche all’epoca per grafica e pathos. A ridosso dell’ultimo remake-reboot fu realizzato un gioco in rete nel quale l’utente deveva riuscire a tenere sveglia la ragazza protagonista con ogni mezzo (dal bere caffè, farsi docce, arrivando anche all’autolesionismo e altro) per proteggerla da Krueger.
httpv://www.youtube.com/watch?v=BapcPNHd6JU
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.