Children of the corn: Genesis ha una regia ottima, ma una sceneggiatura disastrosa che riesce a distruggere in un finale gratuito e insensato quello che di buono ci poteva essere prima.
Tim e Allie, dopo essersi persi, cercano rifugio in una comunità agricola nel mezzo di un territorio desertico e isolato. Il leader di quel luogo, Preacher, permette loro controvoglia di restare a patto che non vadano in giro a curiosare e che se ne vadano all’alba. Ma strane cose accadono in quel luogo, e Tim, investigando scopre che Preacher, la sua donna Oksana e le altre persone idolatrano una strana entità che dimora all’interno di un piccolo ragazzino, possedendolo.
Ha davvero del miracoloso come la serie di Children of the corn sia arrivata così lontano prendendo atto che il racconto ispiratore di Stephen King era una cosino di forse nenche una decina di pagine. E invece tra sequel e remake si è perso il conto di quanti capitoli sono stati sfornati, sempre riscaldando con dosi massicce di deja vu la minestra cotta decenni fa con il primo Grano rosso sangue di Fritz Kiersch con una giovanissima Linda Hamilton prima di diventare la Sarah Connors di Terminator. C’è da dire che stavolta c’è una certa voglia di rinnovamento della serie (il sottotitolo Genisis è esplicativo) e la formula risaputa del villaggio di soli infanti omicidi viene piacevolmente ribaltata in salsa esp rurale con tanto di bambino dotato di poteri telecinetici che rinchiuso fa strage di sventurati.
Quindi basta distese quasi infinite di spighe dorate o ragazzini vestiti alla Hammish che predicano il ritorno di Colui che striscia tra il grano: qui si tratta di una storia che con l’originale kinghiano stavolta ha davvero poco, un po’ come già capitò con l’orribile The mangler 2, lo spunto iniziale si risolve nei primi minuti per poi prendere un’altra svolta lontano anni luce dagli umori kinghiani. Sia dato atto che grazie a questo escamotage il tutto alla fine risulta meno prevedibile e sicuramente più appassionante dell’eterno canovaccio riproposto in salsa diversa. La regia poi di Joel Soisson, già apprezzata nel bellissimo Pulse 2, risulta il punto forte di quest’opera: potente, visionaria, sicuramente dotata di un non comune talento che ci fa sperare in produzioni di maggior livello artistico che possano valorizzare questo autore nel futuro. Nota dolente è la sceneggiatura, inedita sì per un Grano rosso sangue, ma scritta davvero malissimo distruggendo in un finale gratuito e insensato quello che di buono ci poteva essere prima.
Tra volti più o meno noti ritroviamo uno dei caratteristi più sfruttati del cinema popolare anni 80 americano, quel Billy Drago che faceva il cattivo negli action più disparati da Chuck Norris alla serie Z più assurda con tanto di ninja e arti marziali da prima serata Italia uno. Qui regala una performace sottotono, un po’ come tutto il resto del cast sconosciuto, segno di una produzione non molto ricca a cominciare dai quasi assenti effetti speciali. E’ d’altronde il primo parto dopo anni di assenza della Dimension extreme, una sotto casa della Dimension dei fratelli Weinstein, specializzata in horror per il mercato dvd dal bassissimo budget. Insieme a questo Children of the corn è stato prodotto pure Hellraiser revelations, nono capitolo della saga dei cenobiti barkeriani. Anche in quel caso l’abisso tra regia e storia è abissale. Peccato.
httpv://www.youtube.com/watch?v=pPI3s3MdS7c
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.