Finalmente un vero film con tutti i sacrosanti crismi del Dio del cinema, alla faccia del facile e stancabile mockumentary.
Un aereo parte da Los Angeles per Nashville, ma quando uno dei suoi passeggeri dà segni di essere stato contagiato da un virus, è costretto a compiere un atterraggio d’emergenza. La giovane hostess Jenny e gli altri passeggeri scoprono ben presto di essere stati messi in quarantena nell’aeroporto dove sono atterrati, ed ora sono in trappola.
Eccolo il film che non ti aspetti! Non che Quarantine 2: Terminal sia un capolavoro imprescendibile delle Settima arte, ma lo scopri quando, dopo un brutto Rec 2 e un ancor più brutto remake, hai perso fiducia sul sol dell’avvenire. Invece eccolo che questo film arriva semplice semplice, ma efficace come un B movie anni 80, a metà tra il troppo sottovalutato Flight of the Living Dead e un Lenzi sbarazzino tra gli zombi incazzosi, a ringalluzzire le tue serate calde di Agosto. Fortuna devono avere i sequel dei rifacimenti (frase osticissima ahahhah) se lo stesso miracolo era capitato con il bellissimo Pulse 2 e il discreto Pulse 3 arrivati dopo un primo capitolo americano brutto che non ci si credeva (con l’aggravante che il prototipo Kairo era un capolavoro).
Qui di materia per divertirsi ce n’è senza la spocchia di dover seguire la strada intrapresa dal fratello spagnolo: niente riprese finto amatoriali, ma finalmente un vero film con tutti i sacrosanti crismi del Dio del cinema, alla faccia del facile e stancabile mockumentary. Si punta su una storia parallela a quella del primo film, un evento dello stesso genere capitato in un altro luogo. Non disturba alla fine che il canovaccio sia lo stesso del primo Rec (e di riflesso di Quarantine), anche perchè il regista John Pogue, anni e anni dietro la macchina da scrivere in horrorini non memorabili, è abile nel giostrare la tensione e a capovolgere il deja vu al momento più opportuno. Niente retrogusto satanico che ha distrutto quello che buono c’era nel film di Plaza e Balaguero nel suo seguito, ma tanti infetti arrabbiati e scene concitate dove la paura è palpabile. Basti pensare al finale, dove in una citazione, voluta o meno, di Demoni di Lamberto Bava, gli unici due sopravvissuti scappano in un lungo condotto d’areazione, buissimo, e illuminato solo da un caschetto ad infrarossi. Ecco quella scena, lunga e ben giostrata tra l’idea di un pericolo imminente e il patetismo del rapporto tra i due personaggi, è il momento più sincero e riuscito del film, il più emozionante e terrorizzante. Non ci auguriamo un Quarantine 3, ma nel vedere questo secondo capitolo possiamo sentirci sazi e appagati come dopo una bella mangiata in trattoria. Usa-Spagna 1 a 0 stavolta.
httpv://www.youtube.com/watch?v=0_QXWQHHr7c
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.