Il nostro consiglio resta di affidarvi al prototipo: questi remake anche se di discreta fattura sono quasi sempre l’ombra dei loro genitori
Calma placida sul fronte remake. Niente da strapparsi i capelli, ma neppure, per fortuna, niente neanche per gridare al macello. Merito sicuramente di un film all’origine discreto, ma senza i picchi dei grandi classici kinghiani come Carrie di Brian De Palma o Fenomeni paranormali di origine incontrollata di Mark Lester. Quindi il regista seguendo la strada del remake fotocopia, senza grossi scossoni, gira un’opera dignitosa, dal buon ritmo e dal retrogusto amarognolo. I due attori protagonisti non valgono quando Linda Hamilton e Peter Horton, ma nel complesso se la cavicchiano, come il nutrito gruppo di bambini invasati.
Tema, quello della follia infantile, tra l’altro sempre interessante e inquietante, che può contare su illustri predecessori come il fantascientico Il villaggio dei dannati di Wolf Rilla (e di riflesso l’imbelle remake di John Carpenter), lo struggente Ma come si può uccidere un bambino di Narciso Ibáñez Serrador, l’antologia Il villaggio delle streghe di Jeff Burr (nell’episodio sulla guerra di secessione, il più crudele e malsano tra tutti) e, per ultimo, ma non per i suoi meriti artistici, il disarmante e bellissimo The children di Tom Shankland, senza dimenticare nè i Baby killer di Larry Cohen nè Quella villa accanto al cimitero di Fulci (che a sua volta si rifà ad un classico della letteratura sull’infanzia malvagia, Giro di vite di Henry James). Tra i classici di questo genere restano un po’ fuori genere due outsider di grandissimo impatto, il drammatico Il giglio nero di Mervyn LeRoy con una bambina di otto anni cattiva, manipolatrice, bugiarda e assassina, e il concitato episodio di Star Trek, Miri, dove un morbo uccide gli adulti in un mondo allucinante di infanti omicidi.
Tornando al nostro film possiamo dire che sul versante budello gli effetti truculenti sono pochi, ma comunque ben realizzati dall’ex KNB Robert Kurtzman in una delle sue pause dalla nuova carriera di regista (The rage, Buried alive). Non buonissima invece la fotografia impoverita da un brutto digitale che non rende caldi i colori come il prototipo in pellicola. Ma si capisce che qui il budget è stato davvero miserrimo, forse per questo alla fine Children of the corn 2009 è diventato un tv movie. Quello che sorprende è come sia stato possibile girare dall’originale Grano rosso sangue di Fritz Kiersch ben sette seguiti, ognuno il remake dell’altro? Se contiamo che il racconto di Stephen King all’origine dura poche pagine, l’incredulità di come abbiano spremuto l’impossibile è disarmante. Ma d’altronde sono i misteri della fede del cinema horror che molte volte tratta i prototipi interessanti come il maiale, non buttando via nulla. Almeno ci si può consolare che questo è il rifacimento ufficiale, quindi non gli si richieda grande sforzo di fantasia! Certo che nessuno sentiva davvero il bisogno di un’altro Children of the corn, remake o pseudo sequel che fosse. Quindi il nostro consiglio resta di affidarvi al prototipo: queste rivisitazioni di vecchi classici horror, anche se di discreta fattura, sono (quasi) sempre l’ombra dei loro genitori- Molte volte davanti al nuovo diventiamo (giustamente) vecchi tromboni col clichè del “Quando c’era lui arrivava sempre in orario”. Governo ladro!
httpv://www.youtube.com/watch?v=IrJMWyHHd7Y
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.