Tanto o poco sadico che sia Black out è comunque un film da consigliare, un ottimo thriller che vi farà passare con intelligenza una tesissima ora e mezza scarsa.
Una giornata come tante e tre destini si incrociano per caso all’interno di un ascensore, un giovane con il sogno di scappare a Parigi con la fidanzata, un medico in attesa dell’arrivo della figlia e una ragazza dal viso stranamente macchiato di sangue. Un blackout di 24 ore li bloccherà ad una forzata conoscenza e alla scoperta della terribile identità di uno di loro.
Bella sorpresa questo Black out: tesissimo e pieno di suspense, non annoia mai neppure nelle sue limitazioni ambientali di scenografia (una cabina d’ascensore) ed è avvalorato sia da una buonissima regia che da un piccolo gruppo di attori affiatati. Alla base di questo film c’è un romanzo dallo stesso titolo scritto da un italiano, Gianluca Morozzi, ambientato però a Bologna e con un attenzione di gusto più pulp ad alcuni personaggi (lo psicopatico che si veste da Elvis Presley per esempio). Certo più spettacolare rispetto alla controparte letteraria il film del messicano Rigoberto Castañeda paga uno sviluppo sulla carta semplice semplice, salvato però da efficaci e velocissimi flashback che ripercorrono in maniera volutamente lacunosa il background dei vari personaggi. Non siamo davanti ad un semplice thriller da cassetta anche se le connotazioni sono le stesse, dalla violenza mostrata con sadismo ai personaggi che rivelano la loro natura man mano che il film prosegue. Il paragone con il più recente Devil è d’obbligo, ma dove il film di John Erick Dowdle pecca di banalità e si rifugia dietro la facile soluzione demoniaca, Black out sceglie strade meno consolanti raccontando una storia solo all’apparenza banale, che si ferma ad interrogarsi sull’ineluttabilità del destino, l’esistenza di un Dio o di un caos che muove i fili dell’umanità. Non c’è la presunzione di girare un film intellettuale, ma l’umiltà di affrontare un film smaccatamente di genere conferendogli quell’anima e autorialità che i prodotti fast food non hanno. Tra le scene più incisive sicuramente una coreografica tortura ai danni di una bella ragazza: prima viene narcotizzata, poi le incidono i seni e infine la violentano selvaggiamente con il corpo cosparso di sale (scena censurata tra l’altro nel dvd inglese). Leggendo su imdb scopriamo poi che il film nel primo cut durava 120 minuti contro i nostri 80 minuti scarsi. Tanto o poco sadico che sia Black out è comunque un film da consigliare, un ottimo thriller che vi saprà catturare con intelligenza. Un bel passo avanti per il regista dopo il deludente film d’esordio, Kilometro 31.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.