E’ un Tirannosaurus Rex. No, è chiaramente un Velociraptor, come poi confermato dal degno sequel del 1995. Ma quale Velociraptor, è un rarissimo esemplare del letale Deinonychus.
Non la raffinatissima meccanica che ne determinava i movimenti, nè il pretesto narrativo pseudo-ecologista, tantomeno la querelle intorno a cosa diavolo effettivamente fosse la creatura. Che vi piaccia o no, Carnosaur è passato alla storia per essere il più grande successo commerciale della New Horizon del mitico Roger Corman, che ha fatto in modo che venisse girato in una sola settimana per anticipare l’uscita di Jurassic Park, con quasi 1,2 milioni di dollari di incasso nelle sale.
E’ un Tirannosaurus Rex. No, è chiaramente un Velociraptor, come poi confermato dal degno sequel del 1995. Ma quale Velociraptor, è un rarissimo esemplare del letale Deinonychus. Sia quello che sia, quella creatura preistorica è l’indiscussa, legnosa, pericolante protagonista di un trittico cinematografico la cui parabola è riuscita nella pur difficile impresa di peggiorare costantemente nella propria qualità complessiva: tutta colpa della brillante genetista Jane Tiptree – Diane Ladd, madre della musa lynchana Laura Dern – scienziata con la fissa dei dinosauri che, attraverso semplici uova di gallina, riesce a riportare in vita una covata di rettili preistorici celando il suo vero scopo che è quello di sterminare la razza umana e riconsegnare il pianeta alle sue forme di vita preferite. Tratto molto liberamente dall’omonimo romanzo dell’australiano John Brosnan, nella sua versione cinematografica il nostro Carnosaur le prova un po’ tutte, finendo addirittura per incrociare le zanne con uno sfigatissimo gruppo terroristico nel terzo e ultimo episodio. Rigidissimo, barcollante e sfuggente, il mostro era in verità nell’ordine un pupazzetto telecomandato, un uomo in costume e un robot alto quasi cinque metri: la sua effettiva fugacità – nel film quest’ultimo è utilizzato pochissimo – è da ricondurre, più che a scelte registiche, al fatto che la sua struttura si accartocciasse su se stesso a ogni piè sospinto; problema che non ha comunque impedito alla produzione di riutilizzare lo stesso robot per il secondo episodio. Come non amarlo?
httpv://www.youtube.com/watch?v=QEEHHdOVXwk
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.