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Paranormal Activity: Attivita’ Paranormali a Basso Costo

Due settimane dal via all’iniziativa, la pellicola ha raggiunto un incredibile quinto posto della top ten cinematografica dell’ultimo weekend yankee.

Due minuti scarsi di intrigante trailer promozionale e tonnellate di marketing virale, amenità promozionali varie e strumentali ritorni alla sempreverde teoria secondo cui less is more. Soprattutto quando è la major Paramount a ritrovarsi per le mani la scomoda promozione di una pellicola indie e low budget come Paranormal Activity, già battezzata come il nuovo – qualcuno ce ne scampi – Blair Witch Project. E pensare che è tutta colpa di Steven Spielberg.

Narra infatti la leggenda che lo stesso Spielberg, recatosi nella sua residenza estiva per una solitaria visione casalinga della pellicola appena acquistata dalla Dreamworks, abbia assistito a un’agghiacciante serie di inspiegabili eventi, non ultima l’inquietante e improvvisa chiusura dall’interno di una stanza indiscutibilmente vuota. Gettata in un sacco nero la pellicola e deciso a tenerla ben lontana dalla propria abitazione, il celebre regista inboccò l’ingresso degli uffici Dreamworks fresco di due nuove, saldissime convinzioni: che Paranormal Activity fosse una pellicola maledetta, e che quindi avesse incredibili potenzialità cinematografiche e commerciali. Un successo annunciato che avrebbe potuto fare il botto già più di un anno fa, se l’intero ingranaggio promozional-distributivo della compagnia non fosse stato per buona parte congelato dalle trattative di divorzio Paramount/Dreamworks. Ripartiro il consueto meccanismo e coscienti dell’assoluta delicatezza della scelta di una strategia di lancio coerente con le caratteristiche della pellicola, i responsabili della distribuzione hanno deciso di sposare una linea promozionale tanto innovativa quanto imprevedibile: fare in modo che fosse il pubblico stesso, già imbeccato ad arte da un pesante e costante tam tam mediatico, a manifestare il proprio interesse nei confronti della pellicola attraverso un modulo elettronico ad hoc attraverso il quale richiedere la proiezione della pellicola nelle varie città americane. Il risultato dell’azzardo? A due settimane dal via all’iniziativa, la pellicola ha raggiunto un incredibile quinto posto della top ten cinematografica dell’ultimo weekend yankee, totalizzando l’incredibile somma di 7.1 milioni di dollari d’incasso in poco più di 200 cinema, battendo il record precendente detenuto da Platoon, 3.7 milioni in 176 sale. Raggiunta poi la faticida meta di un milioni di richieste, la Paramount avrebbe garantito una capillare distribuzione a livello nazionale, evento puntualmente verificatosi lo scorso dieci ottobre con sommo gaudio del vicepresidente della compagnia: “Sin dall’inizio abbiamo deciso di mettere le sorti di questo film in mano ai fans,” ha dichiarato Rob Moore, “lasciando che fossero loro a decidere dove a quando il film sarebbe stato proiettato. Non potremmo essere più esaltati per questo risultato, e contenti di dsitribuire la pellicola in ogni città americana“.

E dando una rapida occhiata alle caratteristiche del progetto risulta difficile credere che – al di là di una qualità effettiva della pellicola ancora tutta da determinare – il tutto non sia da riconoscera all’efficacissima strategia di viral marketing e – a questo punto – di viral releasing messa in piedi: il relegare la pellicola alle solo proiezioni di mezzanotte non ha fatto altro che inspessire ulteriormente l’aura di cult predestinato già cucita addosso all film. Che poi il fumo possa essere l’anticamera di un succulento arrosto è un teorema ancora tutto da dimostare: Paranormal Activity resta tutt’ora una pellicola scritta e diretta dall’esordiente israeliano Oren Peli, girata in una settimana da una striminzita crew di non professionisti con una normalissima camera a mano ed interpretata dalla coppia di attori dilettanti Katie Featherston e Micah Sloat. Il tutto partendo da uno spunto che più che pretesto narrativo sembra essere prestesto e basta: una coppia di giovanissimi che, inquietati da quelle che sembrano essere oscure presenze all’interno della casa di San Diego in cui sono appena andati a convivere, decidono di montare una serie di telecamere fisse in modo da documentare quanto effettivamente succede tra quelle mura. E ne succederanno. Zero spessore narrativo quindi, ma anche zero sangue e totale e dedizione totale a una sistematica stimolazione sensoriale; dopotutto sembra proprio essere l’obiettivo prefissato del regista: “Proprio come il Blair Witch Project,” ha affermato Peli, “volevo che la quantita di sangue fosse ridotta ai minimi termini, perchè credo che non sia necessario superare alcun limite: gli effetti sonori possono già da soli pensare a tutto“. Inevitabile che tornasse a galla più o meno casualmente l’esempio di Blair Witch Project, con la speranza da parte dei responsabili del progetto di vivere in prima persona quello che hai tempi venne definito effetto-Blair Witch Project, che proiettò sulle copertine dei magazine specializzati i due registi Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez e alle stelle le entrate della Haxan Films – che non a caso ha passato buona parte del resto della sua esistenza a grattare il fondo di quello specifico barile, tra sequel e documentari vari -. Per il momento, e nell’attesa che la bolla promozionale finisca di oscurare il cielo da quella parte dell’oceano per spostarsi definitivamente sul versante mediatico europeo ufficiale, non resta che fare affidamento all’ efficace quanto sintetica affermazione di Roger Ebert, critico cinematografico del Chicago Tribune appena dopo la visione in anteprima della pellicola: “E’ un film horror ingegnoso. E’ decisamente ben fatto e assolutamente pauroso“.

httpv://www.youtube.com/watch?v=F_UxLEqd074

About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.

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