“Quando un regista dedica tutto se stesso ad un’idea, spesso entrambi finiscono per influenzarsi reciprocamente. Hater è indiscutibilmente una storia horror, ma ha una forte componente emozionale in senso lato“.
Letteralmente sommerso dagli impegni – voci piuttosto accreditate lo danno sin da ora impegnato fino al 2012 – Guillermo Del Toro si è ritrovato giocoforza a dover rinunciare ad alcuni progetti già annunciati, Hater su tutti. Nascostosi dietro le quinte, ha scelto di risolvere la questione in famiglia, eleggendo a regista della pellicola Juan Antonio Bayona, già autore dell’incensato El Orfanato.
Intervistato da Twitchfilm, il regista spagnolo fa brevemente il punto della situazione sull’adattamento per il grande schermo del romanzo di David Moody, attualmente in fase di preproduzione.
Ne ho avvertito le potenzialità, tutto sembrava al posto giusto. Le basi della storia sono molto solide ed intriganti, e lo sceneggiatore è una garanzia. Glen Mazzara ha lavorato sul serial The Shield, e adoro l’ approccio adulto e realistico che ha scelto a per l’adattamento, è esattamente quello che stavo cercando. E, per chiudere, ho già lavorato con Del Toro: oltre alle attinenze professionali, la nostra è un’amicizia che dura ormai da anni.
Quali saranno le linee guida di Hater?
Alla base di Hater c’è un’improvvisa epidemia di odio, dalle origini sconosciute e dal potenziale devastante. Non fa distinzioni di genere, età, classe sociale. I media sono in totale confusione, e parlano ora di infezione reale, ora di isteria di massa. Tutto è labile ed incerto: nessuno è in grado di prevedere se alla fine della giornata sarà ancora vivo. Quello che mi ha stregato di questo progetto è il suo essere saldamente ancorato alla nostra realtà, la realtà di tutti i giorni. Quello che chiede al pubblico è se veramente valga la pena di vivere in un mondo dominato dall’alto attraverso la paura. Hater è una delle eventuali reazioni a questa paura: ci mostra quello che potrebbe accadere nel caso la popolazione si ribellasse in maniera feroce, furiosa e definitiva.
Stilisticamente, che approccio avete scelto? Lo spettatore che ha apprezzato il tuo lavoro su El Orfanato, sarà in grado di riconoscere la tua mano anche su questo lavoro?
Quando un regista dedica tutto se stesso ad un’idea, spesso entrambi finiscono per influenzarsi reciprocamente. Hater è indiscutibilmente una storia horror, ma ha una forte componente emozionale in senso lato. Sarà decisamente più violento di El Orfanato, perchè inevitabilmente farà i conti con l’odio come emozione principale. Ma parlerà anche di perdono, di sacrificio e d’amore.
In che modo Guillermo Del Toro è coinvolto nel progetto?
E’ direttamente coinvolto. Hater è un pellicola che avrebbe voluto affrontare da parecchio, inizialmente in qualità di regista. Qualche mese fa mi offerto di sostituirlo, e da quel momento siamo rimasti in costante contatto, coinvolgendo anche Mazzara, lo sceneggiatore. A volte penso che avrebbe dovuto darmi qualche dritta in più, ma quello che in sostanza ha fatto è stato di organizzare al meglio le cose in modo che potessi avere una libertà espressiva pressochè totale.
E per quanto riguarda il versante spagnolo dei tuoi impegni?
Contemporaneamente ad Hater sto lavorando ad un lungometraggio spagnolo. Uno dei vantaggi della mia condizione è quello di poter lavorare concretamente su entrambi i versanti, europeo ed americano. Dirigere un film ad Hollywood è un sogno diventato realtà, ma non potrei mai rinunciare a lavorare in Spagna.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.