Cinema E venne il giorno: la conferenza stampa

E venne il giorno: la conferenza stampa

Mark Whalberg e M. Night Shyamalan hanno presentato E venne il giorno (in uscita mondiale il prossimo 13 giugno).

Una riflessione sulle paranoie dell’America contemporanea da più parti etichettato come un “thriller ambientalista”. Vi proponiamo la trascrizione della conferenza stampa.

“E venne il giorno” può essere definito un thriller ecologico?

Shyamalan: Ogni film che ho diretto è legato a una preoccupazione che avevo in quel momento. Con E venne il giorno viene messa in rilievo la mia preoccupazione per il futuro di questo pianeta.

A cosa si è ispirato nella realizzazione di “E venne il giorno”?

Shyamalan: Certamente i film degli anni ’50 e ’60 hanno avuto una grande influenza nella realizzazione di E venne il giorno. Ho preso molto, ad esempio, da L’invasione degli ultracorpi, non tanto nel contenuto, ma nel modo in cui le persone interagiscono con una realtà attorno a loro che non riconoscono più. Si ha paura insomma dal cambiamento dei comportamenti delle persone che conosciamo bene. Se le persone a noi familiari iniziano a comportarsi in maniera diversa dal normale, si ha paura perché non si ha più sotto controllo la realtà che ci circonda. Casualmente poi nella scelta della scena dei titoli iniziali, mi sono trovato a fare una citazione proprio al film L’invasione degli ultracorpi. Tra le tante scene che ho visionato, per caso ho scelto la stessa, quella delle nuvole. Questo vuol dire che ci sono immagini nel nostro inconscio che generano paura senza sapere il perché.

In molti suoi film ci sono personaggi che perdono la fede ma poi la ritrovano per un evento soprannaturale o per un incontro decisivo. Anche in questo film c’è una coppia che ritrova la fede che inizialmente aveva perso. Che tipo di fede è? Una fede religiosa, una fede laica? Che tipo di rapporto ha lei con la fede?

Shyamalan: In tutti i film che ho diretto, io sono il personaggio principale. In E venne il giorno io sono il personaggio che interpreta Mark. Qui ad esempio la fede che Mark ha, è una fede laica, per nulla religiosa. Lui crede nella donna che ha scelto. Lui crede che quella donna, presto o tardi, tornerà a essere la donna che ha sempre amato. Una fede cieca come quella di un bambino. In ogni mio film c’è sempre la fede anche se non è visibile in superficie, anche se non se ne parla direttamente. Quello che conta per me è che il film provochi emozioni profonde. I miei film solitamente non passano inosservati: o vengono amati o vengono odiati fortemente. Ho scelto Mark per interpretare questo ruolo perché lui è un uomo di grandissima fede.

Signor Wahlberg, lei in questo film interpreta un ruolo molto diverso dai suoi precedenti, quali saranno le sue prossime scelte di carriera?

Wahlberg: Ho accettato questo ruolo perché si dice che io faccia solo film di azione. Di questo film ho amato da subito la sceneggiatura e inoltre ho sempre adorato i film di Shyamalan. Anzi ero anche un po’ geloso perché Night aveva diretto per ben due volte il mio amico Joaquin Phoenix e una volta mio fratello, mentre con me non aveva fatto ancora nulla. Per quanto riguarda le scelte della mia carriera, a me piace sempre crescere, confrontarmi con nuove sfide anche differenti da quelle precedenti sia come attore che come produttore.

Signor Shyamalan, nei suoi film ci sono sempre delle scelte visive e grafiche davvero molto riuscite, a cosa si ispira?

Shyamalan: Questo è un film di paura, ma è quasi tutto girato alla luce del giorno, cosa che lo rende unico nel suo genere. Chiaramente prendo in prestito scelte visive da film vecchi anche perché questo mi fa sentire più a mio agio. Ad esempio in E venne il giorno mi sono dovuto trattenere dal renderlo troppo simile alle pellicole di Kubrik, è stata una tentazione a cui ho dovuto resistere. Inoltre utilizzo alcune posizioni della camera e delle inquadrature per generare negli spettatori delle paure o delle emozioni forti. Mettere ad esempio una folla simmetrica al centro di una ripresa, provoca nello spettatore un sentimento di attesa che termina solo quando l’inquadratura sposta la folla su uno dei due lati.

In tutto il film si nota come i cittadini che subiscono l’evento siano abbandonati dalle istituzioni. Solo i media sono presenti e vicini alle vittime. Perché? Un’altra curiosità: in tutti i film da lei diretti c’è un suo cameo Signor Shyamalan, in questo non l’ho notato…

Shyamalan: Sì, c’ero anche questa volta. Sono Joey, la voce al telefono, il ragazzo che chiama ossessivamente la moglie di Elliot. Nel doppiaggio questo cameo si perde, forse dovrei doppiare con la mia voce tutti i film nelle varie versioni linguistiche… (risata).

Quando ho pensato a come svolgere la storia, ho creduto opportuno che i personaggi per le 36 ore dovessero sempre essere isolati per creare un sentimento di incertezza e di paura. Un intervento in questo modo sarebbe stato inutile e quindi ci si trovava soli come un bambino senza genitori nel momento di maggiore pericolo. Purtroppo, oggi nella realtà è un’esperienza molto comune venire a sapere le notizie che ci riguardano personalmente direttamente dei media, da un telegiornale e dal computer prima ancora che le autorità stesse riescano ad avvertirci. Ho voluto quindi far capire che molto spesso sono i media a essere in prima linea e non lo Stato.

Signor Wahlberg, lei di cosa ha paura?

Wahlberg: Sono una persona che ha poca paura dell’ignoto, ho una fede incrollabile ma ho anche due bambini. È normale quindi che le mie paure si rivolgano nei loro confronti, sono insomma preoccupato per quello che possa capitare a loro. In generale però sono una persona che ama godersi la vita cercando di non privarmi di nulla a causa delle paure.

About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.

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