Era il 1992 quando un giovanotto poco più che ventenne sbarcava a Hollywood con El Mariachi , prodotto poco più che artigianale, a bassissimo costo, destinato a divenire primo mattone dell’epopea cult di Robert Rodriguez.
Sono passati due decenni e più, e Rodriguez, ancor oggi troppo sbrigativamente etichettato come il più nobile dei figliocci della “Tarantino pulp generation”, è uno degli autori postmoderni più amati, talvolta odiati, certamente discussi del mondo. Ne ha fatta di strada Robert, mex-tex apolide e nomade anche nel suo Cinema, infarcito di personaggi incompiuti, irrisolti, votati alla resistenza nella linea narrativa per eccellenza della vita e, per osmosi, nell’arte del racconto, quella linea che passa dalla crisi, dal conflitto e dalla soluzione del conflitto stesso.