La saga di Chucky, il bambolotto assassino, una delle più improbabili (e amate) dell’horror moderno.
Dopo due inutili pellicole ad alto dosaggio di scemenza, finalmente Don Mancini e la Universal Picture hanno saggiamente deciso di riscattare uno dei personaggi più trasgressivi e archetipici della golden age horror di fine anni Ottanta: Chucky. La bambola mossa dal soffio vitale e dall’indole mortale, si presenta all’inizio della sua scalata nell’impero dei babau, come un sadico soggetto/oggetto assai pericoloso, così legato a doppia mandata al mondo dei bambini da renderlo figura inquietante come poche.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. Semplice quanto scorante l’assunto nietzscheano dell’eterno ritorno dell’uguale. Ma senza scomodare precetti esistenziali di illustri filosofi, piegandoli ad arte all’economia delle nostre misere riflessioni, la questione resta sempre e comunque la stessa. Sono forse esaurite le idee originali e dobbiamo rassegnarci alla trappola statica di un futuro in ciclostile?