Perché quando si uccide un poliziotto, un servitore dello stato, ci sono sempre parenti e colleghi che non vedono l’ora di vendicarlo.
Infatti, dopo avere visto la scena dell’omicidio al rallentatore del vicesceriffo Wydell ad opera di Otis Firefly, nel primo grandguignolesco film partorito dall’insana mente di Rob Zombie, avevo pensato: “Ragazzi, state facendo uno sbaglio.”
Il terzo atto della saga della sega segna l’uscita di scena del maestro Hooper, inizialmente intenzionato a metter mano al progetto ma successivamente costretto a dare forfait per realizzare l’horror paranormale I Figli Del Fuoco. Prima che Jeff Burr (regista dell’interessante Il villaggio delle streghe) venisse chiamato si erano già fatti il nome di registi del calibro di Peter Jackson al timone di comando.
Nella città industriale di Pancevo una tossina biochimica infetta la città. Gli effetti del materiale tossico consistono nel rivitalizzare le cellule morte del uomo, riportando in vita i defunti. La prima missione dell’agente Mina Millius, coadiuvata dall’esperto Mortimer Reyes, si rivela così più difficile del previsto quando la città diventa pericolosamente infestata di zombie.
Cosa potrebbe mai nascere da una collaborazione tra Ken Foree (The Devil’s Reject, Halloween), Arie Verveen (La Sottile Linea Rossa, Sin City), un regista svizzero esperto in corti dal tono drammatico e una desertica location spagnola, storico set di molti film spaghetti western? Che domande, quindici, sani minuti di violentissimo western-horror, ovviamente.