Mi ritrovo a dover parlare della Jackson.
Shirley Jackson, per un lungo, lungo periodo di tempo, è stata la mia autrice preferita. Parlo al passato solo perché, adesso come adesso, sto disperatamente cercando di liberarmi della sua ingombrante presenza.
Mi spiego meglio: tra le varie cose che mi piacciono, in ordine di preferenza, la seconda è la scrittura. Quando una persona scrive, inconsciamente o consciamente tenta sempre di uniformarsi al proprio “passato di lettura”, che non è un frullato di pagine di libri ma un “imprinting” determinato dai libri che sono stati amati, coccolati, sfogliati mille e mille volte, e il peso di questa “tensione” si sente in quello che la carta accoglie, come parola scritta.