La puntata numero tredici fa sorgere un dubbio amletico: il totale degli episodi di questa terza stagione sono stati stabiliti prima di scrivere la sceneggiatura? Perché sembra proprio che l’ultima puntata andata in onda sia stata buttata lì, giusto per fare numero. In certi momenti si è sfiorato l’immobilismo della seconda stagione, soprattutto nell’infinito faccia a faccia tra Rick e il Governatore che alla fine, come ampiamente prevedibile, non ha portato a nulla se non ad allungare il brodo. Se l’intento degli autori è di preparare lo spettatore alla battaglia finale, non è certo con questi episodi così soporiferi che si raggiunge l’obiettivo, paradossalmente affrettato nonostante la lentezza dello sviluppo.
Jay Bonansinga è scrittore (Frozen, Shattered), sceneggiatore (The Walking Dead), regista (City of Men, Stash) e autore di saggi (Triumph of The Walking Dead: Robert Kirkman’s Zombie Epic on Page and Screen). L’uomo giusto per affiancare Robert Kirkman nella creazione di una TWD novel. Assieme a Kirkman ha scritto The Walking Dead: L’ascesa del Governatore e The Walking Dead: la Strada per Woodbury. In occasione dell’uscita italiana di quest’ultimo lo abbiamo intervistato. Per scoprire come è difficile (per niente) lavorare con un genio come Kirkman e che anche un tandem con Darabont non gli sarebbe dispiaciuto…
Dopo una serie di puntate in cui l’attenzione era stata incentrata sul dualismo tra il gruppo di Rick e quello del Governatore, si sentiva la mancanza di un episodio più intimista e così gli autori tornano a raccontarci una storia nella storia, rispolverando addirittura Morgan, l’uomo che il vicesceriffo aveva incontrato subito dopo il suo risveglio in ospedale e di cui tutti gli appassionati agognavano conoscerne il destino.
Spinta dallo straordinario successo della terza stagione, arrivata quasi alla conclusione e protagonista di nuovi record di ascolto ogni settimana, la casa di produzione AMC ha confermato il primo ciak della quarta stagione di The Walking Dead che partirà il prossimo 6 maggio.
Se, da un lato, Rick è ancora alle prese con i fantasmi del suo passato e con l’elaborazione del lutto, dall’altro sembra essere ancora in grado di momenti di lucida volontà decisionale, aiutato sempre più dagli altri uomini del gruppo (Hershel soprattutto). Tra i due sembra si stia instaurando un rapporto quasi paterno, con il primo che, invalidato dalla perdita di uno dei piedi, si avvia a ricoprire il ruolo della coscienza del vicesceriffo, una guida che ricorda a Rick l’impegno che aveva preso con tutti loro: «Una volta hai detto che questa non è una democrazia, ora devi essere coerente […] quindi schiarisciti le idee e vedi di fare qualcosa».
Il rischio di una pericolosa involuzione di storia e personaggi è stata scongiurato costruendo un episodio che procede in crescendo, offrendo qua e là nuovi spunti interessanti (il rapporto tra Daryl e Merle e il loro tragico passato familiare, la crisi tra Glenn e Maggie, una nuova breccia nelle mura della prigione che ha permesso agli zombie di infestare nuovamente i sotterranei).
Dopo lo straordinario epilogo con cui era terminata la prima parte della terza stagione di The Walking Dead, era lecito aspettarsi qualcosa di più da questo nono episodio. E invece si sono fatti dei passi indietro e sono tornati ad aleggiare gli spettri della seconda stagione, quando la serie si era impantanata in un diabolico meccanismo ripetitivo che ne aveva minato ritmo e credibilità.
Ventisette puntate della migliore apocalisse zombie mai conosciuta dal piccolo schermo significano molti, moltissimi morti. Tanto che qualcuno, all’alba della pausa che preparerà i fans ai botti di fine stagione, ha ben pensato di fare il punto della situazione dare una bella riordinata all’intero body count con tanto di statistiche aggiornate e classifiche. Enjoy.