Anche la decima puntata della quarta stagione di The Walking Dead ha seguito il canovaccio a cui ci hanno abituato gli autori in questi anni, e così, dopo un episodio lento e riflessivo in cui lo scontro generazionale tra Carl e Rick aveva tenuto banco, interrotto soltanto da qualche incursione di Michonne (e del suo passato), ecco una puntata ricca di adrenalina e azione dove gli zombie tornano sbucare da ogni angolo.
Dopo la pausa invernale, The Walking Dead ha ripreso con una puntata il cui titolo spiega già tutto: Smarriti, perché smarriti sono i personaggi dopo la distruzione della prigione, ognuno alla ricerca di un nuovo rifugio dove continuare a sopravvivere, ma smarriti sono anche gli appassionati che si sono trovati davanti una puntata ancora una volta interlocutoria, senza precise indicazioni sulla strada che la serie vorrà prendere.
Il primo appuntamento per gli appassionati è fissato per il 27 gennaio, quando uscirà una nuova edizione della prima stagione della serie tv ideata da Frank Darabont e che ha sbriciolato ogni record di ascolto, ma il meglio arriverà tra il 27 febbraio e il 27 marzo quando, finalmente, usciranno le versioni italiane della seconda e della terza stagione, finora inedite nel nostro Paese. Ambedue le edizioni saranno arricchite da numerosi contenuti extra, con interviste al cast e filmati dai dietro le quinte.
Se vogliamo cercare la radice dell’attuale successo degli zombie sia in ambito letterario che cinematografico, dobbiamo scavare nel mondo dei videogiochi, perché è da lì che è arrivata la rinascita del personaggio. Era il 1996, quando la Capcom lanciò sul mercato il primo capitolo video ludico della saga Resident Evil, mentre la prima playstation si stava facendo largo nelle case di milioni di appassionati che, dopo aver combattuto insieme ai sopravvissuti di Romero e soci, si trovarono a essere loro stessi degli scampati all’apocalisse zombie. Allora l’accoglienza non fu delle migliori, soprattutto da quella parte di “critici” che consideravano il videogioco appannaggio dei soli bambini, e che gridarono allo scandalo di fronte all’eccessiva violenza e agli argomenti trattati, ma il successo fu talmente vasto che la Capcom, in barba alle cesoie della censura, mise in cantiere subito un seguito, uscito nel 1998 e ancora oggi considerato uno dei migliori capitoli della serie, grazie soprattutto all’atmosfera da fine del mondo che pervadeva il videogame.
Kirkman e soci hanno finalmente premuto il piede sull’acceleratore regalandoci una puntata che, seppur non priva di sbavature, difficilmente potremo dimenticare. La prigione è finalmente caduta, lo scontro Rick-Governatore ha toccato il punto di non ritorno, abbiamo perso alcuni dei personaggi principali, i protagonisti sono di nuovo per strada, persi tra zombie e paesaggi apocalittici.
Il finale di metà stagione si avvicina, ma noi siamo ancora in attesa che questa quarta stagione di The Walking Dead ci regali qualcosa di nuovo. Alla settima puntata il gambero continua a camminare all’indietro, riportandoci in strade già esplorate nella passata stagione: il Governatore è definitivamente tornato, spazzando via i dubbi (ma chi li ha mai avuti?) su una sua improbabile redenzione e tornando a essere lo spietato individuo apprezzato in passato. Ciononostante, siamo ancora lì, impantanati nella prigione che, ancora una volta, si avvia a diventare lo scenario di un altro combattimento (stavolta a colpi di carro armato?) tra il Governatore e Rick, esattamente come successo alla fine della terza stagione.
Robert Kirkman è recentemente tornato a parlare dell’ormai quasi certo spi-off tratto dalla serie creata da Frank Darabont. Il progetto dovrebbe vedere la luce nel 2015 e, secondo le dichiarazioni, dell’eclettico fumettista «avrà tutta un’altra location e personaggi completamente differenti, per cui vedremo un’inedita angolazione del mondo di TWD… non sarà ambientato in Georgia, almeno questo posso dirlo».
Dopo la parziale risalita del quinto episodio, The Walking Dead è tornata a marcare il passo con una puntata che, se da un lato rispolvera quella sensazione di apocalisse che si era un po’ persa grazie ad ambientazioni tenebrose e opprimenti, dall’altro offre al telespettatore una sorta di one man show in cui ripercorrere la storia del Governatore all’indomani della bruciante sconfitta subita da Rick e compagni.
Dopo il faticoso cammino delle prime tre puntate, il ritmo è salito, l’azione è aumentata, l’interesse va facendosi forte e gli sviluppi destano curiosità. I due gruppi separati, l’epidemia influenzale che all’interno del carcere sta facendo più danni degli zombie, Daryl e Michonne impegnati nella disperata ricerca dei medicinali per curarla e un’orda di morti viventi che stanno per sfondare una delle reti di protezione del carcere: gli elementi per una bella puntata c’erano tutti e il risultato è stato all’altezza, anche se la scena dell’abbattimento della barriera e il conseguente combattimento di Rick e Carl contro gli zombie è stato risolto un po’ sbrigativamente, perdendo un’ottima possibilità di entusiasmare il pubblico. E poi il finale, con la telecamera che si sposta fino a inquadrare un volto a noi ben noto, quello del Governatore. A questo punto, col suo ritorno, si spera che la serie torni a volare alta, grazie a uno dei personaggi di cui The Walking Dead ha bisogno.