Category: Eros & Thanatos

Prolifico, debordante, perverso e recidivo. Uno scrittore di best sellers ante litteram che ha vissuto nella realtà le proprie opere di fantasia.

Donatien-Alphonse-François comte de Sade nasce il 2 giugno del 1740, all’hôtel de Condé a Parigi, tra lusso e gusto picturesque. A quattro anni, a causa della carriera diplomatica del padre – che costringe i genitori a numerosi spostamenti – si trasferisce ad Avignone, a casa di una nonna, prima di essere affidato all’abbé de Sade e, a dieci anni, ai gesuiti del collegio parigino di Louis-le-Grand. Qui, per quattro anni, Sade si alza alle cinque e mezzo, prega sino alle sei, poi studia le sacre scritture per un’ora e tre quarti, fa colazione, poi prega ancora e di nuovo legge le sacre scritture per poi pregare ancora e di nuovo leggere le sacre scritture… così sino alle nove di sera, quando finalmente può crollare a letto mormorando (immaginiamo) le peggiori bestemmie.

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Qualche parola sul “divin Marchese”, narratore dell’estremo limite che la perversione umana può raggiungere.

Nessun altro autore ha definito un immaginario quanto il Marchese de Sade, e non soltanto perché il suo nome – attraverso la tassonomia tardo ottocentesca di Krafft-Ebing – è diventato sinonimo di crudeltà compiaciuta, di sessualità perversa e sete di dolore: il suo lascito riverbera oggi, come riverbererà in futuro, in ogni forma d’arte intenda esplorare le segrete più oscure dell’animo umano.

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Rops, un artista completo che prefigura l’universo pornografico e sadico in cui siamo immersi…

Dominata da un erotismo sfrenato che confina col demoniaco: così viene descritta dall’enciclopedia Arcana (SugarCo, 1969) l’opera di Félicien Rops.

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Il sesso e la morte nel mirino dei depositari della morale pubblica, ovvero la censura come confessione pubblica di un desiderio inconfessabile.

Con l’invenzione della stampa si è posto il problema della diffusione incontrollata delle idee, ed è stato quindi elaborato il concetto di “libro pericoloso” e, conseguentemente, di censura. Questa viene giustificata attraverso la presunta pericolosità sociale, provata attraverso i canoni della censura stessa, in un processo autoreferenziale che – come ogni forma di critica – tende a fare dell’opera una macchia Rorschach dove proiettare paturnie, storture, preconcetti religiosi, fobie e desideri inconfessati dei re-censori.

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La storia dell’arte è un campo di battaglia: da una parte i censori, difensori della morale comune, e dall’altra coloro che esplorano i recessi più oscuri della realtà usando le armi della fantasia. Uno scontro cruento il cui finale è sempre lo stesso.

Il termine romantic compare per la prima volta nella lingua inglese verso la metà del Seicento per indicare le peculiarità di ciò che, like the old romance, come un vecchio romanzo cavalleresco, attrae per la sua irrealtà. È un attributo negativo esattamente come, in origine, lo erano gotico e barocco: ciò che si lega alla fantasia non è degno dell’attenzione delle persone per bene. L’Inghilterra razionale di Alexander Pope, come più tardi la sbrindellata Italia di Manzoni, castiga l’estro dell’immaginazione e lo sprofonda, al pari di un angelo ribelle, nell’inferno del capriccio letterario senza valore.

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