«E’ un classico film da realtà-alternativa: i libri chiamano e la realtà alternativa prende forma. Appena ti addentri in questo universo conosci il cattivo, uno scrittore horror che ti infetta con i suoi libri… »
Virginia Ducci è una donna dotata di chiaroveggenza. Dopo aver vissuto “in diretta”, da bambina, il suicidio della madre, tutto sembrerebbe tornato normale, ma anni più tardi, di ritorno dall’aver accompagnato il marito in partenza per l’Inghilterra, Virginia ha una nuova visione: una donna viene uccisa e poi murata da un misterioso uomo zoppo. Arrivata in una vecchia proprietà del marito che intende ristrutturare, Virginia si rende conto che la casa corrisponde proprio a quella della sua visione e scavando in una parete scopre uno scheletro. La visione, intanto, continua a tormentarla e la donna chiede aiuto all’amico Luca Fattori, studioso di paranormale, che all’inizio sembra non darle credito, ma che poi dovrà ricredersi quando alcuni indizi comporranno un puzzle inquietante collegato alle visioni di Virginia. Nel frattempo, l’identità dello scheletro viene scoperta e il marito della donna viene arrestato con l’accusa di omicidio, costringendo quindi Virginia a ricostruire la sua visione per scagionarlo e scoprire il colpevole.
Perché quando si uccide un poliziotto, un servitore dello stato, ci sono sempre parenti e colleghi che non vedono l’ora di vendicarlo.
Infatti, dopo avere visto la scena dell’omicidio al rallentatore del vicesceriffo Wydell ad opera di Otis Firefly, nel primo grandguignolesco film partorito dall’insana mente di Rob Zombie, avevo pensato: “Ragazzi, state facendo uno sbaglio.”
Ci sono persone che grazie al loro genio entrano a fare parte dell’immaginario collettivo. Lucio Fulci è una di quelle. La sua dedizione alla causa dell’horror lo ha fatto assurgere a nume tutelare del genere da noi preferito. Un artigiano del terrore che non si spaventa davanti al sangue.
Dean Miller, giornalista televisivo, è incaricato di intervistare un famoso scienziato che sta per atterrare all’aeroporto cittadino. Ma insieme allo scienziato scendono anche dei mostri che travolgono le forze di polizia e invadono la città. La causa della mutazione dei passeggeri è una fuga radioattiva da una centrale atomica. Essa determina la trasformazione degli esseri viventi in terribili appestati mossi da furia omicida.
Pochi film hanno inciso così profondamente nella cinematografia mondiale come La notte dei morti viventi di George A. Romero, una pellicola che ha segnato il debutto del regista americano e che porta in sé molte di quelle caratteristiche che avrebbero fatto del cinema non solo un mezzo di evasione di massa, ma anche di denuncia sociale.
Il legame tra Tom Savini e La notte dei morti viventi nasce ben prima dell’anno in cui l’attore-regista girò il remake del capolavoro di George A. Romero. Destino volle, infatti, che già nel 1968 il regista di Pittsburg lo avesse contattato per coinvolgerlo nel suo progetto, ma Savini dovette rifiutare perché prossimo alla partenza per il Vietnam come reporter di guerra.
Una sequenza di atroci delitti senza motivo sconvolgono la tranquillità del paese, mentre i morti ritornano in vita, in cerca di vendetta: l’inferno ha aperto le sue porte, e l’orrore comincia…
Si recano per questo nella città di Burkittsville, alla ricerca di tracce e di elementi concreti sulla nascita della leggenda della strega di Blair (antico nome della cittadina). Dopo avere effettuato delle interviste alla popolazione del luogo, si inoltrano nella foresta, per completare il documentario con riprese dei luoghi nei quali la strega avrebbe commesso la maggior parte dei suoi delitti.