Approda nelle sale Paranormal stories (2014), un Creepshow all’italiana prodotto da Gabriele Albanesi
Gabriele Albanesi, regista cult del Bosco fuori e Ubaldo Terzani Horror Show, da qualche tempo ha fondato una propria casa produttrice indipendente – affiancando quindi l’attività di produttore a quella di regista. Il che, oltre a dare nuova linfa vitale all’horror italiano, ha il merito di far emergere giovani e talentuosi registi. Gli sforzi sono stati premiati dalla recente uscita nelle sale di due film della factory: l’home-invasion Surrounded e la ghost-story a episodi Paranormal stories (AA.VV., 2014). Trattasi, quest’ultima, di una riedizione del precedente Fantasmi (2011), i cui cinque episodi ora vengono racchiusi in un episodio-cornice diretto dallo stesso Albanesi che rende il film ancora più efficace e gustoso. Paranormal stories diventa così un autentico Creepshow all’italiana, con tema conduttore i fantasmi.
Non c’è un unico modo di raccontare storie di spettri, e Paranormal stories ha sicuramente il merito di esplorarne molteplici. La cornice diretta da Albanesi richiama esplicitamente il modello di Romero, ricreando un’atmosfera anni Ottanta rivisitata ai giorni nostri: protagonista è un bambino nerd, con la stanza piena di macabri gadget e giocattoli, che snobba la serata a teatro proposta dalla madre e dall’antipatica sorella per dedicarsi alla visione di un horror, appunto Paranormal stories. Se il ragazzo di Creepshow dava vita alle storie leggendo i fumetti, il nostro giovane protagonista lo fa guardando un dvd (è un Creepshow 2.0, possiamo dire): ma la scenografia coi giocattoli, i colori saturi e anche qualche graffio sull’immagine richiamano l’horror divertente in stile eighties – che tornerà nel finale coi pupazzi che prendono vita. Se l’episodio cornice è di stampo volutamente “fumettistico”, altrettanto non si può dire dei cinque episodi: ciascuno è diretto da un regista diverso con un proprio stile e modello, ma sempre con un’ottima cura dell’immagine che sopperisce ai limiti del digitale creando un’opera decisamente professionale e cinematografica.
Primo episodio: 17 novembre, di Tommaso Agnese. Un ragazzo fa ritorno con due amici alla casa paterna dopo la morte del padre, sepolto in giardino per sua volontà. L’uomo aveva fama di essere uno scrittore diabolico, e infatti il protagonista ritrova un diario contenente macabri racconti. Durante la notte, i tre ospiti iniziano a percepire una strana e pericolosa presenza. Il filone in cui si inserisce Agnese è probabilmente il vecchio gotico italiano: una casa deserta, lo spettro di un genitore che tormenta i figli, la continua ambivalenza fra soprannaturale e allucinazione. Proprio su tale ambivalenza si concentra l’attenzione del regista, non tanto su apparizioni improvvise da “balzo sulla sedia” ma su una tensione continua che sfocia nella follia e nel finale a sorpresa. Da notare anche alcune discrete scene splatter durante gli omicidi.
Secondo episodio: Offline, di Andrea Gagliardi. Un giovane riceve in chat uno strano messaggio da un amico, che poco dopo scopre essere morto il giorno prima. Inizialmente incredulo, deve però ricredersi quando il ragazzo continua a scrivergli per poi apparirgli nel video. Basato su un soggetto di Albanesi, è probabilmente l’episodio migliore, un eccellente racconto in cui dramma e angoscia vanno di pari passo e aumentano progressivamente. Può vantare, nel ruolo del ragazzo defunto, anche l’attore più famoso del film, quel Primo Reggiani che abbiamo visto ne La Piova 8 e Le ultime 56 ore e che appare qui nel volto spettrale e bluastro della video-chat. Grande performance sia sua che di Daniele De Angelis, con il terrore che si dipinge man mano sul volto del protagonista. Il modello sembra essere quello di vari J-horror contemporanei, con le “maledizioni” che si trasmettono attraverso gli strumenti tecnologici, e Gagliardi è bravo nel trasporre una vicenda di questo tipo in una ghost-story italiana.
Terzo episodio: La medium, di Roberto Palma. Con questo episodio si cambia nuovamente tono, affiancando l’horror puro (presente solo nel finale) al dramma. Protagonista è una signora di mezza età, sedicente medium, che con la complicità riluttante della figlia organizza false sedute spiritiche spillando soldi a persone che hanno subito un lutto: attraverso banali trucchi, finge di evocare i defunti e parlare con loro. Dovrà però fare i conti con la vendetta dei veri spiriti. Nonostante alcune pecche (per esempio la scena di sesso fra la medium e il ragazzo, estranea al racconto), l’episodio funziona bene sia dal punto di vista drammatico che orrorifico: intensa la performance della Ricci nel ruolo della viscida protagonista, inquietante quando finge di essere “posseduta” dallo spirito, e dei due disperati genitori. Le apparizioni sono mostrate in modo quasi subliminale ma angosciante: una ragazza nell’ombra, una figura che striscia alla The grudge, un uomo sulla sedia a dondolo. Non sembra esserci un unico modello ispiratore, ma un misto fra quel tipo di gotico psicologico incentrato su falsi medium e film come Arcana di Giulio Questi (con le dovute distanze) che raccontano storie di superstizioni e di famiglie truffatrici.
Quarto episodio: Fiaba di un mostro, di Stefano Prolla. La superstizione è poi l’elemento cardine dell’episodio successivo, il più particolare e straniante del film. Un’anziana signora racconta alla nipotina la leggenda di un bambino vissuto in paese tempo prima e che si dice torni ancora sotto forma di fantasma. Il piccolo Celeste è diverso dai suoi coetanei, introverso e con problemi di salute: tutti ne tengono le distanze perché viene identificato come “figlio del diavolo”, e deve difendersi dalle angherie di alcuni ragazzini prepotenti. Solo una bambina sembra comprenderlo, ma la tragedia è dietro l’angolo: e ora, forse, il suo fantasma esiste davvero. Prolla sembra proseguire il discorso sulla superstizione popolare iniziato da Palma nell’episodio precedente, e lo amplifica facendone il cardine del racconto. Di tanto in tanto, soprattutto nel finale, emerge un senso di mistero e inquietudine, ma ciò che interessa innanzitutto al regista è mettere in scena una storia di solitudine e amore, di emarginazione e superstizione, di leggende popolari narrate davanti al focolare,. Quando gli arroganti bambini allontanano Celeste come fosse una creatura diabolica, è impossibile non pensare alla “maciara” del fulciano Non si sevizia un paperino (sempre con le giuste distanze), al suo popolo ignorante e al suo clima superstizioso.
Quinto episodio: Urla in collina, di Omar Protani e Marco Farina. Con l’ultimo episodio, cambiamo radicalmente tipo di ghost-story e ci spostiamo nelle atmosfere americane alla So cosa hai fatto. Tre ragazze investono con l’auto un uomo senza fermarsi; dopo aver alloggiato in un vicino albergo iniziano ad essere perseguitate da una misteriosa figura, il fantasma della loro vittima, che non concederà tregua alle sue prede. Scritto come Offline sulla base di un soggetto di Gabriele Albanesi, è un altro dei più riusciti – anche se segue uno stile abbastanza classico fondendo vari elementi dell’horror made in USA: le ragazze che nascondono un segreto, le medesime che devono sfuggire alla vendetta, alcune scene riprese con il point-of-view della telecamera e un fantasma dal volto mostruoso e insanguinato. Insieme a Offline, è l’episodio con la dose maggiore di suspense, costruita gradualmente partendo da un’ombra per poi sfociare in una tesissima caccia all’uomo quasi in stile found-footage. Da notare la presenza di Laura Gigante, vista in Ubaldo Terzani Horror Show e P.O.E. – Poetry of eerie.
httpv://youtu.be/IPVg1K-VQTM
About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica.
Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter.
Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film.
Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo.
Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it.
Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint).
Contatto: davidecomotti85@gmail.com
Twitter •