Patrick è il remake più che dignitoso dell’omonimo film del 1978. Il regista Mark Hartley, che si è fatto per anni le ossa e un nome nel campo del documentario, riesce a guidare un cast di ottimi attori e a creare un film dalle atmosfere cupe che ipnotizza lo spettatore.
Patrick è un giovane paziente in stato di coma vegetativo di una piccola ed isolata clinica privata. Qui il dottor Roget (Charles Dance, conosciuto ai più come Tywin Lannyster nella serie Game of Thrones) conduce alcuni esperimenti finanziati per vie private con lo scopo di trovare il modo di risvegliare i pazienti comatosi. Messo alle strette dai suoi finanziatori che chiedono risultati in fretta, Roget usa proprio Patrick per tentare una cura molto aggressiva. Kathy (Sharni Vinson, attrice australiana già vista in Shark 3D) è stata assunta nella clinica da poco e diventa l’assistente del dottor Roget. La ragazza conosce così il paziente Patrick che sembra comunicare solo con lei, l’unica ad essersi dimostrata sensibile nei suoi confronti. Presto però Patrick sembra diventare sempre più presente nella vita della giovane infermiera anche restando fermo nel suo letto d’ospedale. La cura del dottor Roget infatti l’ha risvegliato, ma in un modo diverso da quello che loro si aspettavano. Patrick è un film che punta molto sulla sceneggiatura: i dialoghi sono intelligenti e veloci, i colpi di scena numerosi e spiazzanti e la trama interessante e ben costruita. Il cast nella sua interezza è più che capace di un’ottima interpretazione e tra loro troviamo anche Peta Sergeant, indimenticabile e trashissima Vivian Wagner di Iron Sky.
Se dobbiamo trovare una pecca in questo film sta proprio nel suo aver giocato sul sicuro. A livello registico non troviamo nessun segno stilistico particolare e alla fine Patrick lascia il suo regista nell’anonimato, nascosto dietro ai cliché del genere che vogliono i flashback offuscati, la costruzione della suspense con la musica e spaventare lo spettatore con entrate in campo improvvise di diversi personaggi per non parlare dell’odioso e, a mio avviso, quasi sempre inefficace finale aperto. Nel complesso comunque Patrick resta un film
riuscito, ben sorretto da una sceneggiatura fluida e coerente e da attori capaci, menzione speciale sicuramente alla protagonista che ci regala un’interpretazione intensa che cancella quella meno convincente vista nel film Shark 3D. Patrick merita quindi una visione, con la premessa che lo spettatore non deve aspettarsi di trovare chissà quale innovazione ma piuttosto una conferma dei canoni più classici e, soprattutto, una cura più che apprezzabile per gli effetti speciali creati soprattutto con il trucco prostetico piuttosto che con la computer grafica che, troppo spesso, rovina tutta l’atmosfera.
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