The Penny Dreadful Picture Show

Una gustosa antologia horror divertente e senza pretese.

I Penny dreadful sono dei romanzi d’appendice a tinte macabre e horror, diffusi in Inghilterra nel 1800. Veri precursori dei pulp anni 20, dal prezzo popolare di (appunto) un penny, erano, per la maggior parte, letteratura spazzatura , piena di eccessi e inverosomiglianze narrative, ma capaci anche di catturare l’attenzione di autori importanti come Robert Louis Stevenson. A questi libretti, di cadenza settimanale dove le storie erano ripartite a puntate, si ispira appunto quest’antologia di episodi diretta a sei mani, sbilanciata e senza grandi picchi, ma di buona fattura. Se il primo frammento su una scatola diabolica è troppo breve per appassionare, non si va meglio col secondo, troppo lungo e banale, troppo debitore degli umori lesbo videoclippari di Miriam si sveglia a mezzanotte del mai troppo compianto Tony Scott. A salvare capra e cavoli è il gustosissimo ultimo tassello, una sorta di omaggio al Tobe Hooper di Non aprite quella porta e al Rob Zombie di La casa dei mille corpi, un episodio di chiara matrice grindhouse che riesce a non svaccare negli eccessi rodrigueziani alla Machete. L’idea semplice e geniale di questo segmento è di ribaltare i clichè del genere: non più una famiglia di pazzi che tortura un gruppo di giovani, ma il contrario, con un eventuale finale ribaltone che fa ridiscutere l’assunto. Gran cast con Jeffrey Combs, ex Re-animator, nei panni di un paraplegico con un ritardato mentale in attesa di festeggiare il compleanno, e Sid Haig in quelli quasi speculari del suo Capitan Spaulding di La casa dei mille corpi. In questo episodio il sangue, la droga e il sesso sono esasperati in una maniera così eccessiva da generare più volte la risata liberatoria, quasi esorcistica se si pensa che con gli stessi elementi grandi artisti come Tobe Hooper ci avevano terrorizzato. A unire tutti i segmenti ci pensa la Penny Dreadful del titolo, bambola vivente che ama il cinema e sogna l’amore da favola, quello del principe azzurro. Peccato che il suo caratteraccio la porti ad uccidere ogni pretendente, soprattutto quando si accorge che 1 vogliono usarla per sesso 2 non stanno zitti al cinema. Di sventurati ne conosciamo due, rigorosamente rimorchiati su internet e destinati ad una fine feroce tra un episodio e l’altro. Ad aiutare Penny ci pensano due creature dal make up volutamente raffazzonato, un licantropo e uno zombi, ghiotti di carne umana. E’ questa cornice l’elemento che richiama più apertamente i Penny dreadful letterari, con gli eccessi da narrativa da due soldi e un’atmosfera da B movie in bianco e nera alla drive in anni 50. Sul piano visivo il lavoro svolto in cabina di regia da Nick Everhart, Leigh Scott e Eliza Swenson (che interpreta tra l’altro anche la Penny del titolo) è eccellente, e alla fine l’unica colpa del film è quella di non avere sempre una sceneggiatura all’altezza, ma, se si sta al gioco di un’antologia volutamente spazzatura, anche questo elemento può essere visto come un punto a favore. Tra l’altro la Swenson non è molto famosa, ma è una figura poliedrica di attrice, regista e chi ne ha più ne metta, brava, bella e dal grande talento: noi di horror.it consigliamo di tenerla d’occhio perchè siamo sicuri sentiremo parlare ancora di lei.

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