Un film indipendente italiano a tratti terrorizzante: cosa non da poco.
Ventiquattro ore nella vita di una giovane insegnante dopo che il marito, un avvocato, si assenta per un viaggio di lavoro. Rimasta sola nella sua villa di campagna completamente isolata, la donna inizia ad essere perseguitata da invisibili e inafferrabili presenze, che la assedieranno sempre più con il sopraggiungere della notte. Riuscirà la donna a vedere la luce del giorno dopo?
Il cinema horror ormai è declinato nell’amatoriale e nell’indipendente, senza nessuna alternativa. Le nostre idee, anche brillanti, devono scontrarsi con il budget da fame del mondo, un artigianato che è diventato sempre più una bottega sgarruppata e cenciosa. Abbiamo tanti giovani talenti, qualcuno che sembra persino essere lì lì per fare il botto, e portare la luce dove ora c’è solo tenebra, ma nulla, o il pubblico si disinteressa dei nostri prodotti caserecci all’uscita o, quando non può vederli, si lamenta che sono invisibili. E’ un po’ la parabola del serpente che si mangia la coda: alla fine siamo tutti bravi a lamentarci, a criticare, a fare i froci col culo degli altri, i film alla fine sono sempre più scarsi di come avremmo fatto noi.
Grazie al cazzo: a parole siamo tutti Stanley Kubrick. Bisognerebbe forse svegliarci un po’ e contestualizzare il passato che non era poi così dorato come ci ricordiamo e appoggiare anche chi cerca di provarci, valutando ogni prodotto per quello che vale davvero, senza quell’odio atavico che ci portiamo nel DNA verso il nuovo, perché è facile cadere nel gioco dei Morando Morandini, ora come trent’anni fa, e distruggere un novello Fulci solo perché magari ci sta antipatico o non è nessuno, ma, detto fra noi, per essere qualcuno bisogna per forza passare da nessuno. Surrounded uscirà tra breve al cinema, è un prodotto indipendente, ma è anche un film interessante, per quanto imperfetto. A produrre c’è Gabriele Albanesi, non un regista molto amato da chi scrive questa recensione, ma che, almeno sul piano produttivo, dimostra di avere buon fiuto per la scoperta di nuovi talenti. A girare, appunto, sono due esordienti, Laura Girolami e Federico Patrizi, a loro agio con una classica e claustrofobica storia di home invasion. Quello che non convince è la sceneggiatura: troppo tirata, troppo simile a tante altre cose viste prima, con un colpo di scena oltretutto di oltraggiosa stupidità. D’altronde siamo nel genere esistente più convenzionale, insieme al mockumentary: quello dell’invasione domestica. Il plot non si sforza purtroppo di dire qualcosa di nuovo, non si chiede alla Haneke ma almeno alla The purge, stando invece sempre lì lì sul confine del plagio citazionista del già brutto The strangers, del quale ripete pari pari persino alcune sequenze. Sul piano visivo invece la storia cambia: Surrounded è un film fantasioso nella regia e dal ritmo molto concitato, tanto da tenerti inchiodato alla poltrona con poco, come non capitava da tantissimo tempo davanti ad un horror.
Basta una porta aperta, il vento che soffia contro le finestre, il sintetizzatore che alza il volume della musica come fossimo davanti ad un Dario Argento commentato dai Goblin: è non solo la tensione che fa capolino nel film, ma proprio un senso di angoscia e disagio che è difficile da trovare in prodotti analoghi anche esteri. Laura Girolami e Federico Patrizi poi si divertono a citare con gusto il capolavoro argentiano Suspiria, talmente bene da farci sperare che il plot possa prendere una piega soprannaturale con streghe e delitti, e invece, mannaggia a loro, resta ancorato nel più banale dei thriller. Recitato tutto in inglese, con una sconosciuta prima attrice, Tatiana Luter, di grande intensità, Surrounded è un film che si ama anche quando lo si dovrebbe odiare, in un eccesso di buone cose che sovrastano quelle cattive, e che non sarà la strada per una rinascita del genere, ma che diverte, appassiona, il classico prodotto di serie B, se esistesse una A, fatto bene e al quale perdoni anche le cazzate.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.