Il rapporto Nielsen suona campane a morto per la lettura in Italia. E quando si parla di morti, l’horror non si può certo tirare indietro mostrando il proprio cadavere con la rabbia di chi non è morto di morte naturale ma è stato ammazzato brutalmente.
Sono ormai giorni che non si parla d’altro: la lettura in Italia è in crisi, gli italiani sono degli ignoranti illetterati e la fine è vicina… Ho letto molte analisi sensate, altre un po’ meno, ma oggi vorrei proporvi un punto di vista del tutto inutile e marginale.
Il nostro.
Inutile e marginale perché sappiamo bene quale sia il nostro posto nell’ambiente editoriale, ce lo hanno fatto capire negli anni: c’è una splendida sala dove si tiene un sontuoso banchetto. Vediamo un tavolo addobbato per le personalità, quelli che contano da sempre, poi ci sono i tavoli per gli invitati meno importanti, quelli più periferici per gli indesiderati piazzati strategicamente vicino ai cessi, quindi fuori dalla sala, giù in fondo alle scale che conducono agli scantinati dove sono state sistemate le cucine zeppe di cuochi, sguatteri e lavapiatti che si danno un gran daffare, c’è un tizio con in mano un bidone di immondizia che sbuffa bestemmiando mentre esce da una porticina e getta i rifiuti nel cassonetto sistemato nel vicolo buio e maleodorante. Noi siamo il povero cristo che fruga nel cassonetto alla ricerca di avanzi da mettere sotto i denti non appena lo sguattero è tornato in cucina. Questo siamo. E quindi noi, poveri cialtroni denutriti, assistiamo al dibattito dal nostro vicolo puzzolente e annuiamo, facciamo di sì con la testa, perché hanno tutti ragione, hanno tutti idee brillanti, sono tutti più in gamba di noi…
Oppure no?
Veniamo un po’ ai numeri. Come si può notare dai dati pubblicati, i lettori in Italia sono calati dal 2011 a oggi passando dal 49% al 43%. Sei punti percentuali in meno. In realtà, riferendosi a un’analoga indagine ISTAT, si capisce come solo il dato del 2013 sia davvero preoccupante, perché dal 2009 al 2011 i lettori sono leggermente cresciuti passando dal 46% al 49%. La percentuale del 43% è di chi legge, non di chi compra libri, quindi comprende anche chi prende libri in prestito in biblioteca e chi scarica eBook a sbafo.
Cos’altro ci dice questa indagine? Niente che non si sapesse già: i lettori più forti sono i ragazzi e le donne, di cultura medio-alta e residenti al centro –nord del Paese. Il 71% di questi legge Narrativa e la cosa ci interessa direttamente. Alla luce di quest’ultimo dato, non credo sia sbagliato affermare che i lettori di narrativa tengano in piedi l’intera baracca. Ci si aspetterebbe allora che questo – incredibilmente importante – bacino di lettori fosse coccolato e vezzeggiato, ma contro ogni logica le cose non stanno affatto così.
Sembra che siano così, ma non lo sono.
Vediamo perché.
In quel 71% c’è dentro tutto quanto, con diversi pesi. Ogni genere ha una diversa quota, ma tutti contribuiscono a formare il corpaccione dei lettori di narrativa. La logica suggerirebbe che essendo così importanti i lettori di narrativa ed essendo così pochi, gli editori dovrebbero tenerseli buoni tutti, non solo alcuni, ma le cose non stanno così. Solo alcuni di questi paiono importanti. Per rendersi conto della cosa basta dare un’occhiata agli scaffali delle librerie o ai siti degli editori.
La strategia del terrore.
In realtà gli strateghi editoriali attuali (anni fa non andavano così le cose) è come se considerassero un solo gruppo di lettori alla volta e, a fasi alterne, si occuperanno quasi esclusivamente di questi. A turno, quindi, vedremo le librerie invase da romanzi tutti uguali che cercano di restare in scia al fenomeno editoriale del momento. Quando parte quel treno, il resto scompare e ci sono generi (ecco che è l’ora di parlare dell’horror) che restano sempre fuori da queste carovane. Cosa succede al corpaccione di lettori di Narrativa, quel famoso 71%? Che una certa percentuale (piccola o grande che sia) seguirà la moda del momento decretando la nascita di qualche fenomeno editoriale (un paio di libri che vendono più di tutti gli altri), ma la maggior parte di questi continuerà a cercare i libri che amava prima della moda del momento. Non si capisce perché dovrebbero cambiare gusti solo perché va di moda una cosa piuttosto che un’altra. Se in libreria si trovano solo libri su ragazzine che scoprono le gioie del sesso sadomaso, quei lettori di narrativa a cui quella roba non interessa che dovrebbero fare? Leggersi per forza 50 sfumature di grigio?
La risposta, ovviamente, è no.
Questi soggetti non leggeranno.
Mi sembra facile, pulito, immediato.
Non trovano il libro che cercano e non leggono. O leggeranno qualche libro in meno rispetto ai loro standard. Magari provano a piluccare in altri settori, ma alla fine desistono fino a disabituarsi alla lettura. E’ talmente evidente che sembra quasi sciocco sottolinearlo, eppure pare che nessuno dei nostri editori se ne renda conto: a ogni moda imperante, quando le librerie vengono invase dal fenomeno editoriale del momento, ci sono lettori che restano spaesati dall’invasione di turno e brancolano senza meta fra gli scaffali delle librerie.
Questo si traduce, nel caso del genere horror (e della fantascienza, in qualche misura), in una drastica e quasi completa sparizione dagli scaffali e dai programmi editoriali delle case editrici maggiori. E’ infatti dal 2011 (da quando cioè Paolo De Crescenzo cedette la sua Gargoyle Books) che l’horror in Italia non lo pubblica praticamente più nessuno, fatta eccezione per la piccola e piccolissima editoria, la riserva indiana in cui la narrativa del terrore è stata confinata. Mentre per tutti gli anni ’80 e ’90 potevamo trovare romanzi dichiaratamente horror nei cataloghi di quasi tutti i maggiori editori italiani, con il nuovo millennio questa tendenza è andata sparendo.
L’invasione degli ultra-porno
Il colpo di grazia a questo trend è stato dato dal successo della saga di Twilight: tutto quello che una volta era lo spazio dedicato all’horror fu invaso da libri sui vampiri. In un primo momento, si tirò fuori tutto quello che aveva a che fare coi vampiri, e grazie all’entusiasmo del momento si vendette un po’ di tutto, poi col passare delle stagioni, ci fu una netta virata verso il paranormal romance e lo young adult dove la componente horror spariva e restavano menate esistenziali di adolescenti problematiche che amavano vampiri bellissimi.
Quello fu il chiodo pestato a colpi di mazza sulla cassa da morto in cui rinchiusero la narrativa horror, perché finito l’entusiasmo per i vampiri toccò ai licantropi, poi alle streghe, quindi addirittura agli zombie, ma niente di quello che seguì aveva nulla a che fare con l’horror. Fecero tabula rasa di tutto l’immaginario orrorifico in nome del profitto immediato. Tonnellate di romanzi rosa (e/o smaccatamente erotici) a tinte dark a poco a poco occuparono tutto lo spazio vitale della narrativa horror, facendola sparire.
Oggi più nessuno si occupa di horror, i vecchi classici, fatta eccezione del solito King e del sempreverde Lovecraft, sono ormai spariti dalla circolazione, resta qualcosa solo nelle librerie online ma anche lì è sempre più complicato trovare qualcosa e bisogna sapere cosa cercare. Il che rende ancora più ardua la diffusione di questo tipo di narrativa, già di nicchia per sua definizione. Se guardo la libreria nel mio studio, sono più i romanzi che oggi sono fuori catalogo di quelli ancora disponibili e questo è doloroso per me, ma tragico per le nuove generazioni di lettori: mi chiedo come possa oggi un ventenne farsi una solida cultura di genere senza molti di questi testi fondamentali.
Sembra fantascienza pensare che qualche anno fa, Mondadori pubblicasse l’antologia Splatterpunk di Paul M. Sammon e Daniele Brolli proponesse nella collana Vertigo della coltissima Einaudi, il libro In fondo al tunnel di Skipp & Spector, cose impensabili oggi.
Qualcuno dirà che finalmente gli autori italiani si sono presi a forza la scena. E’ un modo di vedere le cose molto ottimistico, direi. In realtà siamo obbligati a costatare come siano praticamente scomparsi (o quasi) gli autori anglosassoni dai cataloghi dei nostri editori e gli unici che ancora si ostinino a fare horror contro ogni avversità, siano gli autori italiani. Questo grazie alla complicità di piccoli marchi editoriali o alle possibilità offerte dal self publishing.
Tutto ciò è bene o male?
E’ un bene, se paragonato a come stavano le cose 15 o 20 anni fa. Ma non possiamo non rilevare come tutta questa produzione sia in buona sostanza chiusa nella riserva indiana di cui sopra. Non si riesce ad andare oltre a un certo livello, di notorietà e diffusione, oltre alla cerchia di lettori più attenti e interessati. Siamo arrivati alla nicchia della nicchia.
La domanda allora sorge spontanea: l’appassionato di horror che non bazzichi la microeditoria, oggi cosa legge? Forse il thriller. Forse manuali di taglio e cucito. Forse Fabio Volo, ma come estremo gesto di sacrificio. Insomma, non voglio dire che senza la narrativa horror crolli l’editoria, e nemmeno che il patito di horror smetta di leggere tout court, ma ammetterete anche voi che questo aspetto in particolare della faccenda qualche dubbio lo faccia sorgere.
Non dico di avere ragione, chi sono io per dire a chicchessia cosa fare o non fare, del resto? Tuttavia mi dà conforto il fatto che non abbiano ragione nemmeno i geni del marketing editoriale che da anni insistono con la loro strategia del best sellers a tutti i costi, perché i numeri gli stanno dando torto. Se avessero ragione loro, non ci sarebbe motivo di lamentarsi oggi, non credete?
Resta da vedere se impareranno la lezione e torneranno a coltivare la biodiversità letteraria oppure se si ostineranno a proseguire in questa direzione fino a schiantarsi al suolo in un olocausto purificatore. Noi saremo qui, come sempre, ad assistere allo spettacolo dal nostro vicolo maleodorante, ululando alla Luna come pazzi ubriachi fuori di testa.
About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.