Elijah Wood e John Cusack in un thriller avvincente ed ingegnoso. Scritto dal vincitore del Sundance 2014 Damien Chazelle.
Tom Selznik (Wood) è un pianista di successo, ritiratosi dalle scene dopo aver fallito clamorosamente l’esecuzione de “La Cinquette“, opera scritta dal suo maestro Patrick Godureaux e definita “the unplayable piece” per la sua difficoltà d’esecuzione. La moglie Emma (Kerry Bishé), star del cinema, lo convince a tornare ad esibirsi dopo 5 anni per una serata in ricordo del suo maestro scomparso. Salito sul palco del teatro e sedutosi al piano Tom apre lo spartito, dentro il quale trova un messaggio poco rassicurante : “Sbaglia una nota e sei morto“.
Presto Tom capisce di essere sotto il tiro di un folle cecchino appostato sul loggione del teatro che minaccia di sparare alla moglie se prova a chiedere aiuto e di piantargli una pallottola “in mezzo agli occhi” se sbaglia anche solo una nota della sua esibizione. Per Tom inizierà un incubo.
C’era molta attesa per questo Grand Piano, film spagnolo prodotto da Rodrigo Cortés e diretto dal compositore-regista Eugenio Mira ma dalle forti tinte a stelle e strisce vista la presenza di attori come Elijah Wood e John Cusack e la sceneggiatura di Damien Chazelle, fresco vincitore del Sundance 2014 con il suo Whiplash. Ambientato interamente all’interno di un teatro, Grand Piano riesce con una sola trovata ad imboccare la strada giusta e ad arrivare al termine tenendo lo spettatore incollato allo schermo fino all’ultimo minuto. Il regista spagnolo prende la sceneggiatura cool ma un po’ pasticciata di Chazelle e ne tira fuori un film che sta a metà tra un Hitchcock moderno ed un (azzardo…lo so, fustigatemi pure) Polanski per bambini, costruendo quello che possiamo definire tranquillamente un bel giocattolo. L’animo da musicista di Eugenio Mira lo porta a lavorare tantissimo sulla messa in scena dell’esibizione orchestrale, mettendo la musica in primo piano e facendola diventare per il protagonista sia una gabbia da cui fuggire che un motivo per spingersi oltre i propri limiti.
Se l’atmosfera piena di pathos del film avvolge lo spettatore e lo coinvolge anche grazie all’ottima interpretazione di Elijah Wood (che dopo il remake di Maniac si conferma alla grande come protagonista di un horror-thriller), convince meno la parte action del film, con i primi improbabili omicidi affidati ad un Alex Winter non proprio impeccabile e con uno scontro finale un po’ da serie B di cui avremmo fatto anche a meno. Grand Piano regala comunque bei momenti ed è sicuramente una boccata d’aria fresca per quanto riguarda il genere thriller. L’ambientazione teatrale aiuta inoltre il regista a giocare con le luci e con i suoni, nascondendo o ingrandendo particolari e mettendo lo spettatore continuamente in una posizione diversa, senza comunque lasciare mai troppo mistero intorno allo svolgersi dei fatti. Non certo un film ricercatissimo e per un pubblico di nicchia, ma un film che funziona e che intrattiene. Tanto basta per non gettarlo nel cestino.
http://youtu.be/nEoM7bM7KVw
About Rael Montecucco
Classe 1985. Nato sulla West Coast, cresce tra Dylan Dog, Romero, Argento, Lynch e Faith No More. La musica ed il cinema riempiono la sua vita praticamente da sempre, due punti di riferimento senza i quali si troverebbe perso. Nel 2010 si laurea a pieni voti in cinema e video presso l'Università di Pisa, con una tesi su Matthew Barney. Nel gennaio 2012 è co-fondatore del blog glisbandati.tumblr.com.
Ama l'horror e il grottesco, il gore e le atmosfere dark, con una passione particolare per tutto ciò che si può definire weird. Toglietegli i Wayfarer e diventerà cenere.