Dark Skies OST è minimale, profondo, tagliente, compatto come un innesto alieno su di un tavolo chirurgico.
Dark Skies – Oscure Presenze è il quarto film di Scott Stewart, regista dal gusto non sempre sopraffino che, dopo i pessimi Legion e Priest, si riscatta in pieno con Dark Skies, low budget efficace nel giocare intimamente per sottrazione, lungometraggio lineare, limpido nella narrazione pur nel suo essere improntato su atmosfere scure come la pece, film che unisce il tema dell’abduction a quello altamente trendy della casa infestata, recentemente riportato all’antico splendore da pellicole come L’Evocazione, Insidious o Sinister.
E proprio a proposito di Insidious e L’Evocazione, l’autore della colonna sonora di Dark Skies non è niente di meno che l’interprete del demone nel primo e la strega Bathsheba nel secondo, quel Joseph Bishara che prima ancora che attore pret a porter è compositore di musiche originali per numerosi horror quali Night of the Demons, 11-11-11, Autopsy oltre (ovviamente) a L’Evocazione e ai due capitoli di Insidious.
Dark Skies OST è minimale, profondo, tagliente, compatto come un innesto alieno su di un tavolo chirurgico. La colonna sonora segue l’andamento della narrazione fedelmente con il tema dello smarrimento introdotto dalla rasoiata greve di Two Possibilities.
Si passa poi in un androne via via sempre più soffocante e spiazzante nel quale la title track Dark Skies, Night Ride e Now Try To Go To Sleep sono suoni sintetizzati ondulanti e titillanti come una tortura ai capezzoli. Dark Skies è un album compatto, elettro minimale, nel quale il trait d’union è condurre il fruitore oltre la mera associazione con il visivo, in un campo alieno, sperduto, insicuro. A tal proposito i giochi di synth e archi di Migration, Grey Over e Night Visit sono vie inesorabili verso la disperazione.
Si continua senza soluzione di continuità con gli acuti di Missing Time, mentre Found Agape e Geometric Branding sono tracce di contorno. Ridondante è anche Not In Control mentre Disturbances non è solo un titolo ma qualcosa che lascia il segno del male. Night Ride 2 riprende fedelmente la traccia numero tre e la completa per poi passare ai due pezzi migliori, Arrival e Day House, brani degni di un fine party fra springbrakers. Concludono The Missing e Command Control e sebbene la qualità sia alta, si tira un sospiro di sollievo dopo un’apnea ansiogena di quaranta minuti circa. Un buon disco per masochistici passaggi su asfalto notturno in uggiose sere autunnali.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.