Paul Walker in un thriller che si interroga su senso di colpa, vita dopo la morte e seconde possibilità
Ben Garvey si gode la sua vita con moglie e figlia, facendo un umile lavoro, dopo aver passato un po’ di tempo dietro le sbarre. L’arrivo del fratello e la perdita del lavoro lo spingono a compiere un ultimo furto, il colpo finisce male, dei poliziotti vengono uccisi e lui viene preso e condannato a morte, pur non avendo alcuna colpa. Dopo l’iniezione letale Ben si risveglia però in una clinica in un paesino dell’Oregon dove lavora come addetto alla manutenzione e, se la cosa non fosse già abbastanza strana, inizia ad avere strane allucinazioni e farsi pericolose domande sulla sua condizione: è lì per lavoro o è un paziente?
Una confezione tutto sommato convenzionale ci condice nelle paranoie del protagonista, interpretato dal recentemente scomparso Paul Walker (Fast and Furious), attraverso una storia confusa che mescola dramma, thriller e venature paranormali senza troppo successo.
Il film gioca infatti su un terreno instabile, quello della vita dopo la morte, e lo fa mettendo in tavola molte domande senza però mai suscitare particolare interesse o complicità. Vengono affrontati temi come il senso di colpa (Ben vuole stare vicino alla sua famiglia perché già una volta era finito in prigione), le seconde possibilità, l’aldilà (immaginato come un mondo normale nel quale iniziare una nuova vita), la redenzione e non l’ultimo una certa morale/etica nello sperimentare e disporre della vita degli altri. Tutto ciò viene affrontato con un ritmo piuttosto blando, complice l’ambientazione quieta e bucolica della clinica nei boschi: il nostro Ben è frastornato, ma nello stesso tempo si lascia coinvolgere nella sua nuova vita, cercando di stringere rapporti pur non sapendo bene cosa sia finito a fare nella clinica.
Le figure che si muovono intorno a lui sono stereotipate: il direttore, la psicologia, il paziente malato e quello schizzato con la voglia di fuggire, mentre più difficile è inserire nel quadro la figura dell’ “angelo” che segue Ben e gli consiglia cosa fare, inverosimile e poco efficace se non nel complicare il tutto. Tra gli altri protagonisti, oltre al compianto Paul Walker, troviamo Linda Cardellini (E.R., Scooby-Doo) e Piper Perabo (Le ragazze del Coyote Ugly) nei ruoli rispettivamente della psicologa e della moglie, mentre Bob Gunton in quelli del prete/direttore della clinica, ambiguo quanto basta.
Molti elementi vengono lasciati inspiegati e questo può essere funzionale a creare un certo mistero fino al colpo di scena finale, ma nello stesso tempo, proprio in virtù del finale, alcune dinamiche stonano e restano prive di alcun significato. Il film funziona poco anche quando sfocia nel thriller paranormale, confermando un’incapacità nel gestire le molteplici tematiche e la voglia di stupire a tutti i costi.
Lazarus Project è quindi un’operazione di intrattenimento che non resta memorabile, vittima della troppa carne al fuoco e di un ritmo indeciso e che conduce stancamente lo spettatore verso il definitivo colpo di scena, seguendo la moda dei thriller di quegli anni moda che avrà il suo apice nello Shutter Island di Scorsese.
About Alessandro Cruciani
Cresciuto nella provincia di Viterbo a pane e film, tra notti horror e combattimenti alla Van Damme, ha coltivato questa passione arrivando a creare gruppi di folli appassionati di cinema su facebook e a collaborare con alcune recensioni su www.bizzarrocinema.it e wwww.horror.it. Al di fuori del lavoro ama leggere, ascoltare musica e divorare serie tv.