Un romanzo scorrevole, con una trama ben strutturata. Una storia di vendetta e riscatto che si fa leggere e suscita qualche obiezione (di coscienza e di marketing).
Qualcuno telefona in piena notte a Bianca Maris. La sua vicina la implora di correre ad aiutarla: sta male, sta molto male. Ma quando Bianca la raggiunge, la vicina è già morta: qualcuno le ha tagliato la gola. Poi il telefono squilla ancora: stavolta chi la chiama è un bambino. Qualcuno l’ha rapito, lo tiene prigioniero, vuol fargli del male; la chiama “mamma” anche se Bianca non ha figli, non può averne: un’isterectomia l’ha resa completamente sterile a sedici anni. Chi è quel bambino? Perché è stato rapito? E perché Bianca sente il dovere di salvarlo?
Inizia così Figli che odiano le madri, il nuovo romanzo di Stefano Pastor pubblicato per Fazi. Come per Il Giocattolaio, suo precedente lavoro, anche in questa storia i bambini hanno un ruolo centrale, rappresentando il perno attorno al quale si snoda l’intera vicenda. Bambini dai destini diversi che si troveranno, loro malgrado, vittime e strumento dei piani e delle vendette degli adulti.
Pastor decide di affrontare qui il tema dell’infanzia dimenticata da un punto di vista insolito: quello dei bambini “mai nati”. Perché Bianca Maris, così come Nora, Carla e Iside, le altre donne coinvolte nella ricerca del bambino fantasma che le chiama “mamma”, e che le spingerà a cercarlo nello sperduto paesino di Borgodimonte, dove prospera una setta cristiana in odore di eresia, sono tutte accomunate da uno stesso passato. Tutte e quattro, infatti, hanno abortito in giovane età, pagando quella decisione con la sterilità.
Forse un punto debole del romanzo è proprio nel modo in cui Pastor decide di affrontare un tema tanto delicato come quello dell’aborto. Chi scrive, leggendo il romanzo, ha avvertito una leggera tendenza dell’autore a prediligere un punto di vista. Le quattro protagoniste, infatti, senza alcuna eccezione, vengono delineate come donne egoiste, incomplete, superficiali; condannate dalla loro scelta a una infelicità da contrappasso dantesco. Il loro opposto è rappresentato dalle Madri, le donne di Borgodimonte, le quali, fedeli al proprio credo, decidono di sacrificare la propria integrità fisica per proteggere e custodire sia i propri sia i figli degli altri. E nemmeno il finale, con il riscatto della più fredda tra le madri mancate, riesce a bilanciare questo squilibrio tra figure femminili.
A parte questa, personalissima, impressione, il romanzo di Pastor riesce a catturare l’attenzione dalle prime battute e scorre via velocemente, nonostante le seicento pagine che lo compongono. Il ritmo incalzante dosa sapientemente la suspense all’azione vera e propria. Lo stile asciutto e pulito, ma affatto asettico, coinvolge il lettore. I personaggi mostrano una solida caratterizzazione e differenziazione; le motivazioni della vendetta ordita ai danni delle quattro donne e delle madri di Borgodimonte, che è alla base del romanzo, così come lo svolgimento della narrazione, appaiono verosimili e non forzate. La scelta dell’autore di utilizzare il presente come tempo verbale, sebbene rallenti la lettura soprattutto nei capitoli iniziali, non penalizza più di tanto il testo.
In conclusione, si tratta di un buon thriller con elementi attinti all’horror vecchio stile (il paesino sperduto e isolato, la setta custode di misteri, il mad doctor, la chirurgia “creativa”, le mutilazioni) che ci piacciono tanto e che ne fanno sicuramente un romanzo da leggere.
Nota a margine: Purtroppo, a fine lettura, ci si domanda il perché del titolo. Titolo che, a conti fatti, risulta incongruente e scollegato rispetto alla trama; che si sia trattato di una scelta dell’autore o di una decisione presa dal marketing, va sicuramente a svantaggio dell’opera, perché crea nel lettore una falsa aspettativa. Si poteva osare di più.
About Federica Leonardi
Irretita alla tenera età di 12 anni dai "Racconti" di E. A. Poe, si è lasciata sedurre dalla letteratura di genere. Sposata e con gatta a carico, scrive racconti e qualche romanzo di prova; legge un po' di tutto, anche se ha una certa predilezione per il noir e gli horror vecchiotti dalle atmosfere gotiche e le sfumature lovecraftiane. I finali "E vissero tutti felici e contenti" sono la sua nemesi.