Cinque italiani in lizza per far parte degli ABC of Death 2.
Abc of death era un film a episodi che l’anno scorso convinse veramente pochissimi: 26 registi, ma esiti davvero miserabili. Eppure i nomi a concorrere erano di un certo pregio, dal Nacho Vigalondo di Timecrimes al Srdjan Spasojevic di A serbian film, eppure solo un pugnetto di episodi erano appena appena decenti. Per il primo capitolo i due ideatori del progetto, Ant Timpson e Tim League, pensarono ad un’ottima pubblicità per tenere viva l’attenzione sul loro film: scelsero 25 registi ma per il ventiseiesimo bandirono un concorso aperto a tutti i filmaker del globo. Alla fine vinse Lee Hardcastle con il corto animato T per Toilet. Anche quest’anno si ripete la stessa formula con il cambio solo della lettera dell’alfabeto del corto, questa volta la M, ma durata insindacabilmente di non più di tre minuti. Mentre ne stiamo parlando il concorso è quasi arrivato al termine, il giorno di Halloween, ma i brevi film mandati sono stati davvero moltissimi e da tutto il mondo. L’Italia ha tenuto alta la bandiera con cinque nostri giovani talenti: Raffaele Picchio (Morituris), Antonio Padovan (il corto Jack attack), Francesco Picone (Io sono morta) e, alla loro opera prima, Francesco Dottori e Nicole Celetti. Entriamo però nel dettaglio di questi lavori (che potrete trovare e votare a questo link con tanti altri). Diciamo subito che la brevità del progetto non aiuta i vari artisti a dare il loro meglio, stretti nel facile giochetto della sorpresa finale o della regia troppo sensazionalistica, cosa che per esempio sia Morituris che Io sono morta non avevano. M for mouth di Picchio è la storia kafkiana di un uomo che si sveglia il mattino e non ha più la bocca. La regia occhieggia non poco il Darren Aronofsky di Requiem for a dream, soprattutto per i dettagli velocissimi qui di un caffè preparato lì di un’iniezione di eroina, ma ci si perde in una sceneggiatura piena di ambizioni che scomoda persino il comico Buster Keaton. Se in Morituris tutti questi difetti potevano essere pregi nello sviluppo intelligente di una storia qui diventano macigni troppo pesanti e si rimane con l’idea frustrante di uno scherzo di cattivo gusto. In scena troviamo un solo attore, Mateo Blanco, e gli effetti speciali, sempre a livello alto, sono a cura di Tiziano Martella con la collaborazione di Luigi D’Andrea. Non va meglio con M for Martyn di Francesco Picone dove la violenza arriva a raggiungere vertici anche abbastanza raccapriccianti nel raccontare una storia di violenza domestica scatenata da un sms sul cellulare. La sceneggiatura è alla fine poca cosa, ma interessanti sono l’uso delle luci coloratissime e violente come in un Dario Argento passato e le grazie di Chrisula Stafida, già vista in Tulpa di Zampaglione. Anche il granitico Michael Seagal, culturista visto spesso e volentieri nei lavori di Ivan Zuccon, riesce a fornire una buona prova, ma il difetto anche qui è lo script che punta allo scherzone irritante fine a se stesso. Bisogna dire però che in tre minuti di culi, tette, botte e colori da discoteca non ci si annoia mai. Effetti speciali a cura sempre del solito Tiziano Martella. Il migliore del lotto è senza dubbio M for misdirection di Antonio Padovan. La bravura dei due attori, Helen Rogers e Pasquale Di Stasio, espressivissimi in una recitazione senza dialoghi, trasmettono allo spettatore l’angoscia della vicenda raccontata. Tra citazioni di H. G. Lewis e il suo Wizard of gore la vicenda prende la piega più inaspettata quando il breve film sembra finito. La storia racconta lo spettacolo di un mago alle prese con delle spade molto affilate e una bella ragazza chiusa in una cassa, una vicenda che si colora solo alla fine di rosso sangue. Sempre con rimandi a Lewis e al suo Color me blood red (se non al Delirio di sangue di Bergonzelli) è M is for Marshmallows di Nicole Celletti e Francesco Dottori, in assoluto il più pretestuoso ma anche il meno riuscito dei quattro lavori italiani. In un’ottica artistoide da saggino del Dams si consuma un’opera mal girata e fotografata in un velletario bianco e nero con l’accompagnamento di una perenne musica classica che racconta poco e niente, questa volta privandoci anche della sorpresa finale di rito. Domani comunque si vedrà se il ventiseiesimo vincitore sarà uno dei quattro corti presentati qui. Noi, comunque, opere piaciute o meno, auguriamo tanta fortuna a questi giovani registi, e a voi ricordiamo di votare il vostro preferito, italiano o meno.
Postilla dell’ultima ora:
Si sono aggiunti quando ormai l’articolo era finito anche M is for Martyn di Carlo De Sanctis, disturbante ma non disprezzabile storia dai toni post apocalittici penalizzata purtroppo da una cattiva recitazione. C’è pure un M is for Maleficium di un certo Alessandro Pulisci dalla buonissima fattura cinematografica che affronta il tema delle streghe e dei parti mostruosi, ma non è certo, malgrado il nome del suo autore, che il prodotto sia italiano. Con questo, speriamo, sia tutto.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.