Wither

Dalla Svezia arriva l’ennesima variante low-budget de “La Casa” di Raimi: tanto gore per una storia vista e rivista

Ida e Albin riescono a organizzare il weekend che desiderano da un po’ con i loro amici: il padre di Albin riesce a procurare loro una vecchia casa abbandonata nei boschi e il gruppo di amici è pronto per divertirsi. Appena arrivati, una di loro viene a contatto con una strana creatura in cantina: sarà l’inizio di una spirale di morte, sangue e violenza senza fine che trasformerà i nostri in demoni/zombie assetati di sangue.

Abbiamo già sentito una storia del genere? L’abbiamo già sentita un milione di volte? In effetti sì, la trama – se così si può definire – non è assolutamente un punto a favore della pellicola, soprattutto dopo che in quest’ultimo anno sono arrivati sul grande schermo il rivoluzionario e apprezzatissimo “Quella casa nel bosco” e il remake ufficiale del cult “La Casa”. Se poi andiamo a considerare che questo prodotto svedese – uno dei due registi è quel Sonny Laguna di “Blood runs cold” – viene distribuito in alcune zone come “Cabin of the dead” abbiamo la certezza che non ci stiamo sbagliando e che siamo di fronte ad un vero e proprio omaggio low budget/indie del classico di Sam Raimi.

Gli elementi ci sono tutti: il gruppo di amici, la casa diroccata nei boschi, la cantina nella quale riposa l’elemento maligno e tanto tanto sangue. Una volta superato lo sbigottimento iniziale di dejavu va detto che alcuni elementi buoni ci sono: una fotografia stilosa sui toni seppiati tanto di moda crea la necessaria atmosfera da horror contemporaneo, gli effetti speciali sono piuttosto curati se pensiamo che il budget si aggira intorno ai 30.000 max e perlomeno l’azione entra nel vivo già dopo una ventina di minuti fino ad un finale tutto sommato particolare (elementi già presenti nel sopracitato “Blood Runs Cold”). Queste però sono a mio avviso le uniche scintille in un prodotto sicuramente dalle buone intenzioni, ma che non esce dalla media e non è d’aiuto in tutto ciò il gruppo di protagonisti scelti: sono dei bellocci non proprio usciti da una scuola di recitazione o devono volutamente interpretare personaggi stereotipati attraverso dialoghi spenti e banali?

L’unico degno di nota è Gunnar, il professore cacciatore che dopo mezz’ora di film, forse troppo deus ex machina, arriva e mette in guardia i nostri eroi con il racconto folkloristico delle creature sotterranee a caccia di anime innocenti. Le aspettative non vengono deluse dal punto di vista del gore: si abbonda e vengono regalate discrete e succulente scene in cui succede di tutto: labbra strappate, teste spaccate, morsi, fiotti di sangue e quant’altro.

Preso per quello che è, il film è un discreto intrattenimento per gli amanti delle secchiate di sangue che non badano allo sviluppo della storia: in questo caso si poteva fare molto di più, ma, considerando il budget, possiamo premiare almeno le intenzioni e goderci la mattanza.

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