Sbarca nel BelPaese il serial targato CBS tratto dal romanzo del Maestro del Brivido, Stephen King.
Se esiste una persona, nel mondo della letteratura e dell’horror, che di certo non ha bisogno di alcuna presentazione, ebbene quella persona è Stephen King. Ma se dovesse esserci fra di voi qualcuno che ancora ignora chi egli sia, vi basti sapere che il soprannome “Re del Terrore” non viene dato a tutti.
King è l’artefice di così tante storie che spesso ci si ritrova a guardare un film senza sapere che il soggetto è suo e quindi è abbastanza semplice capire che il Re ha sempre avuto una forte influenza sulla settima arte, seppure le pellicole tratte dalle sue opere, quando non direttamente sceneggiate da lui, non sempre sono all’altezza della sua fama. Così, la notizia che Under the Dome, romanzo del 2009, sarebbe diventato un serial viene accolta non da tutti allo stesso modo. Trasmessa a partire dal 24 Giugno sul canale americano CBS, il network di grandi successi come CSI, NCIS e The Big Bang Theory, Dome è stata creata dal fumettista e sceneggiatore statunitense Brian K. Vaughan, famoso per i suoi lavori con Marvel e DC, e soprattutto per Y-The last man, nonché per essere uno degli sceneggiatori che ha lavorato in Lost. Questo piccolo particolare mette tutta quanto l’operazione Under the Dome sotto una diversa luce, a partire dalla trama, che per ovvi motivi di ritmo e serialità si discosta da quella del romanzo.
Chester’s Mill, Maine, Stati Uniti d’America. L’apparentemente tranquilla vita di una piccola città di provincia viene improvvisamente turbata da un evento incredibile: una gigantesca cupola invisibile si posa su tutta la città, isolandola dal resto del paese. Al suo interno, gli abitanti si rendono presto conto che qualcosa non va e tra incidenti, segreti e minacce cercano di trovare una spiegazione a ciò che sta accadendo.
Come scritto poco sopra, la trama del serial non segue quella del romanzo di King, e questo è stato approvato dallo stesso scrittore, qui produttore insieme alla Amblim di Steven Spielberg. Tutta quanta la vicenda durerà più di due settimane e con risvolti differenti sia per i personaggi che per le rispettive motivazioni, ma quello che appare chiaro fin da subito è un percorso definito che mette, in un certo senso, la cupola in secondo piano, quasi fosse il pretesto per far esplodere le storyline. Da questo punto di vista, Dome sembra stonare, come se volesse aggiungere molta carne al fuoco non credendo che l’evento principale e maggiore, la cupola, sia abbastanza interessante da catturare lo spettatore per tutta la durata della stagione, strutturata in 13 episodi, e anche oltre. È mera speculazione asserire che al creatore siano venuti in mente i flop di Jericho e Flashforward per giustificare la marea di eventi, praticamente uno per ogni personaggio principale, che si accalcano nei 40 minuti del pilota, ma l’impressione è questa.
Timore.
Abbiamo modo di conoscere tutti i personaggi, di capire chi ha qualcosa di losco da nascondere e chi no, di quali conflitti andranno a crearsi. Troppo, davvero troppo da mettere in un’unica puntata, sebbene ne guadagnino il ritmo e l’attenzione di chi guarda. Ma determinate scelte, nei dialoghi e nelle interazioni risultano quasi sciocche perché troppo improvvise e poco realistiche. Dome butta in faccia allo spettatore in modo eccessivamente veloce cadaveri sepolti, gente scomparsa e segregata, disturbi mentali, segreti inconfessabili legati a potere e denaro, corruzione. A tratti, Chester’s Mill sembra essere una Sin City alla luce del sole.
D’altra parte, le sue debolezze costituiscono anche il suo punto di forza: questa velocità e questo corposo accumulo di eventi riesce a catturare e interessare lo spettatore, mantenendo per 40 minuti il ritmo sostenuto e l’attenzione attiva. In qualche modo svela subito i retroscena senza approfondirli e questo potrebbe essere un’arma vincente. Se per tutta la stagione, questo è impossibile da dire, ma considerando un cast di volti noti, da Dean Morris (Breaking Bad) a Mike Vogel (Cloverfield, Bates Motel) fino a Rachelle Lefèvre (La versione di Barney, A Gifted Man), che davvero sembra funzionare, la speranza resta viva.
L’idea di uomini intrappolati, esiliati dal mondo esterno tramite un muro invisibile e indistruttibile non è certo una grande novità. Asimov, Lansdale, Simak, Lovecraft, hanno portato questo elemento nella letteratura in opere bellissime come Abissi d’acciaio e Drive-In senza dimenticarsi anche film come Il Villaggio dei Dannati e persino il lungometraggio de I Simpson, che viene spesso citato a riguardo, nonostante il Re avesse iniziato la stesura di Under the Dome nel 1976. Un’idea forte, che spalanca le porte a interrogativi, motivazioni, comportamenti, che mostra come l’uomo viva a volte inconsciamente indossando una maschera e nelle situazioni estreme questa scompaia rivelando il vero sé.
È quindi lecito aspettarsi molto da Under the Dome, dopo un pilota un po’ frettoloso, ma perfettamente conscio delle proprie potenzialità, augurandosi che gli addetti ai lavori abbiano imparato le diverse lezioni che la storia televisiva ha da offrire, per non schiantare un serial dalle buone speranze contro il muro invisibile del flop.
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