Noioso, pretenzioso e pretestuoso film di basso livello.
Una coppia di fidanzati, che più mal assortita non si può, si reca in “villeggiatura”, a causa delle ristrettezze economiche, in tenda in montagna in pieno inverno, salvo poi affittare una motoslitta per girare tra i boschi selvaggi e godersi la natura a mo’ di Into the Wild salvo poi avere un incidente con la motoslitta di cui sopra e diventare prede nella caccia di uno strano figuro.
Se anche si potesse passare sopra ad uno svolgimento di trama piuttosto banale, una scarsa recitazione e una regia discretamente modesta per poterci concentrare solo ed esclusivamente sul finale, tagliando quindi almeno 65 minuti di pellicola, ci troveremmo comunque davanti ad un film decisamente poco interessante. Andrew Hyatt, alla sua prima esperienza di regia, deve aver pensato che un finale “a sorpresa” ispirato a spizzichi e bocconi, e senza nemmeno tante remore, da pellicole di ben altra fattura, avrebbe potuto reggere il peso di un intero film. Se non fosse che la sorpresa comincia a sfumare nel banale almeno 20 minuti prima del finale, e che uno svolgimento modesto, anche se supportato da un buon finale, rende tutta l’opera noiosa e banale. Anche lo stile delle riprese, con un utilizzo esasperato della steady, del time-lapse, e di primi piani poco emozionanti, forse alla ricerca di quel pizzico di angoscia che da altre parti ha riscosso successo, riesce solo a creare una sensazione di mal di mare che poco ha a che fare con la montagna, e i dialoghi purtroppo di labile spessore, si rivelano soporiferi. Perché, purtroppo, non succede niente: assolutamente niente dall’inizio fino, appunto, alla fine. E gli spunti narrativi, dalle presenze oniriche alla semplice caratterizzazione dei personaggi, è approssimativa e poco strutturata, come se il tutto dovesse veramente vivere in funzione solo di questo finale, che resta clamoroso ed eclatante solo nelle idee del regista.
Da salvare fotografia e la scelta dei colori, il rosso su tutti, che interrompono il bianco candido dell’ambientazione (come la giacca a vento di Brit Morgan abbandonata a reggere sulle sue esili spalle il peso narrativo del film) e fortunatamente per breve tempo quelli del co-protagonista che scompare all’improvviso e in maniera indolore dalla sceneggiatura, sembrano figli di una precisa volontà e rendono il contrasto, almeno per gli occhi, bello e interessante. Così come è interessante la stessa bella Brit Morgan (True Blood) in situazione onirica e vestita solo di un trasparente abito bianco che rende grazie alle sue forme.
Ma al di là di questo, purtroppo, c’è poco altro da segnalare. Traspare infatti una certa arroganza da parte del regista nell’aver creduto troppo nel suo progetto: la cosa di per sé non è così malvagia in fondo, ma lo diventa per aver pensato che il suddetto progetto potesse stupire il mondo e gli spettatori con un’idea originale che invece si è rivelata solo la brutta copia di chi ha avuto altri mezzi e intuizioni prima di lui, senza nemmeno un pizzico di autorialità. O almeno un grazie a chi lo ha ispirato.
httpvh://www.youtube.com/watch?v=C0XPFWPsSvs
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