Una coppia torna a casa e il proprio nido d’amore si trasforma in un incubo claustrofobico senza uscita in questo discreto home invasion movie
Un uomo entra in una casa e scopriamo subito non esserne il padrone: da come si muove e da quello che fa, l’uomo non sembra avere buone intenzioni e, dopo aver trasformato la casa in una prigione, si mette una maschera e aspetta il rientro della famiglia. Sara e Frank arrivano a casa dopo una sera passata fuori, il loro figlioletto è dai nonni e sembra l’occasione perfetta per riscoprire un po’ di intimità: in pochi minuti però l’atmosfera cambia e i due saranno vittime di una lunga e violenta aggressione.
Il regista David Morlet, dopo il buon Mutants a tema zombie, dirige il suo primo film in inglese e a basso budget spostandosi sul genere cosiddetto dell’home invasion: il risultato è un compito ben fatto, sicuramente privo di originalità e in cui a tratti manca tensione, ma certo non da disprezzare. Interessante e condivisibile è la scelta di dedicare i primi quasi venti minuti alla preparazione della trappola da parte del silenzioso e mascherato killer: l’uomo si muove disinvolto, ma è attento in quello che fa, si sofferma su dettagli e in tutto ciò i messaggi registrati nella segreteria telefonica dagli ignari parenti rendono ancora il tutto più inquietante.
Azzeccata e funzionale al finale è la scelta di non mostrare il volto del pazzo, ma di lasciare spazio alla maschera: tipico strumento ricorrente nel genere horror e soprattutto nei recenti home invasion movies (v. The strangers o nel prossimo The Purge) o nei classici slasher (Halloween, Venerdì 13) che in questo caso contribuisce a terrorizzare la già disperata coppietta. La tensione, una volta scoppiata l’aggressione, ha alti e bassi, spesso il film sembra girare su se stesso, ma la sua fortuna è sicuramente la breve durata: non c’è tempo per lunghe riflessioni, non ci sono dialoghi fondamentali e tra uno scalpo e un tentativo di soffocamento si arriva al controverso finale con tanto di spada samurai. Se da una parte l’ambientazione gioca un ruolo fondamentale, trasformando il nido d’amore della periferia della città di campagna in un labirinto claustrofobico senza vie di fuga, dall’altra l’esilità della storia, lo svolgimento prevedibile e il ritmo lento possono risultare deludenti.
Sono buone le performance degli interpreti, in grado di reggere in tre solamente la vicenda, tenendo anche conto che l’aggressore non proferisce parola fino alla fine: tutto si mantiene sulle spalle di Meghan Heffern (Sara), mogliettina apprensiva con indosso la tuta da cheerleader che vede confermate all’improvviso le preoccupazioni di sua madre riguardanti il vivere troppo isolati e lontano dalla città e vedrà crollare il suo mondo d’amore domestico tra grida lancinanti e inutili tentativi di fuga stile gatto&topo.
Una regia pulita e scarna quanto basta completa un quadro tutto sommato positivo anche se siamo lontani dalle vette raggiunte da capisaldi del genere come Funny Games o Them e non si esagera nemmeno col torture-porn come in The Collector o A l’interieur, ma siamo più dalle parti dell’essenziale Cherry tree lane, anche se qui si tralascia ogni tipo di discorso sociale, lasciando invece parlare l’angoscia e l’estrema violenza. Per gli appassionati è un titolo che non cambierà le sorti e l’immaginario del genere, ma una visione in grado di intrattenere pur senza stupire.
About Alessandro Cruciani
Cresciuto nella provincia di Viterbo a pane e film, tra notti horror e combattimenti alla Van Damme, ha coltivato questa passione arrivando a creare gruppi di folli appassionati di cinema su facebook e a collaborare con alcune recensioni su www.bizzarrocinema.it e wwww.horror.it. Al di fuori del lavoro ama leggere, ascoltare musica e divorare serie tv.